Ciò che più conta

Francesco Moisés Bassano “Per nessuno dei lettori di questo libro sarà facile immedesimarsi nell’atteggiamento emotivo dell’autore, che non conosce la lingua sacra, che si sente completamente estraneo alla religione dei padri – come ad ogni altra religione peraltro – e che non riesce a far propri gli ideali nazionalistici pur non avendo mai rinnegato l’appartenenza al suo popolo e sentendo come ebraico il proprio particolare modo d’essere che non desidera diverso da quello che è. Se gli venisse rivolta la domanda: ‘Dal momento che hai lasciato cadere tutti questi elementi che ti accomunano ai tuoi connazionali, cosa ti è rimasto di ebraico?’, la sua risposta sarebbe: ‘Moltissimo, probabilmente ciò che più conta’. Tuttavia egli non saprebbe al momento esplicitare a chiare lettere in cosa consista questa natura essenziale dell’ebraismo; ma confida che un giorno o l’altro essa diventerà intelligibile per la scienza”.
Queste parole scritte da di Sigmund Freud, sono tratte dalla prefazione alla traduzione ebraica di “Totem und Tabu” (1930). Molto è stato scritto e argomentato sul legame tra Psicanalisi ed Ebraismo, e tra Ebraismo e il padre della Psicanalisi. Alcuni, tra cui Cesare Musatti, affermarono che “la psicanalisi poteva nascere e svilupparsi solo in un ambiente ebraico”. Nessuno però, tanto meno la scienza, è riuscita a definire chiaramente “questa natura essenziale dell’ebraismo” di cui parla Freud, che accomuna molti degli ebrei secolari e atei che hanno rotto i propri legami con la tradizione. E al tempo stesso, oltre a numerose speculazioni, rimane difficile chiarire anche la connessione tra Psicanalisi ed Ebraismo, senza sondare prima il rapporto con esso di Freud e degli altri psicanalisti ebrei.
La pratica dell’interpretazione e una postura critica e autocritica insite nella cultura ebraica, sono stati senza dubbio fattori determinanti nella formazione psicoanalitica, ma anche probabilmente la contingenza storica di trovarsi in un Impero, come quello austro-ungarico, ormai decadente e al tramonto, sotto il presagio dei tempi oscuri che si prospettavano al suo orizzonte, avrebbero dunque portato soprattutto gli ebrei, all’esigenza di guardare indietro e nei meandri di noi stessi e della nostra civiltà per analizzarla e cercare di comprenderla al meglio. Uno spirito che oggi, nella società attuale, sembra in gran parte scemato a scapito di un approccio più cognitivista e automatistico che guarda l’uomo e la contemporaneità come una macchina da aggiustare, o peggio come un cliente inappagato da soddisfare con dei prodotti materiali.

Francesco Moises Bassano

(24 aprile 2015)