Un grande Maestro
Se si volesse riassumere la lezione della parashah letta nell’ultimo sabato, quello che ha seguito la settimana della scomparsa del rabbino capo emerito della Comunità ebraica di Roma Elio Toaff, basterebbero pochissime parole: ‘dopo la morte, santi’. È stato Imri Della Pergola, pronipote del rav Toaff, a commentarla nel giorno del suo bar mitzvah al tempio italiano di Gerusalemme. Con la sua dolcezza, una certa commozione per la circostanza allo stesso tempo di lutto e di festa, e grande saggezza, Imri ha conquistato tutta la Comunità degli Italkim.
Gli eventi degli ultimi giorni, insieme alle sue parole, hanno suscitato in me numerose riflessioni. La settimana scorsa, per esempio, ho sentito purtroppo che un gruppo di Haredim che era in lutto per Yom HaAtzmaut in quanto non riconosce lo stato d’Israele ha aggredito un soldato di Tsahal, le Forze di Difesa israeliane. La parola ‘santo’ in ebraico si può riferire anche a una persona che si separa dalle altre e a una che si dedica esclusivamente a un unico obiettivo. I Haredim che hanno commesso questa crudeltà si separano dal resto della popolazione, si dedicano a un unico obiettivo e pensano di essere santi, ma ingiustamente. Non sono santi perché nella parashah c’è scritto: “Non andare qua e là a sparlare nel tuo popolo, non assistere inerte al pericolo del tuo compagno, io sono il Signore”. E anche: “non odiare il tuo fratello in cuor tuo, ammonisci il tuo prossimo e non esser causa del fatto che egli debba portare le conseguenze del peccato”. E poi: “non vendicarti e non conservar rancore verso i figli del tuo popolo. Desidera per il prossimo quello che desideri per te. Quello che essi non considerano è dunque che la ‘derech erez’ (i modi sociali di fare), indicata tra l’altro nella Torah stessa, viene prima della Torah, ed essere santi significa dunque appunto dedicarsi a tale obiettivo.
Con rav Toaff, poi, è scomparso di un grande Maestro. Rav Toaff è stato alla guida della Comunità per ben 50 anni e una figura importantissima per l’ebraismo Italiano. Inoltre era anche un amico di mio nonno, Rav Josef Sergio Sierra z’l, che è stato rabbino capo di Torino e di Bologna.
È stato un onore poter partecipare al Limud in sua memoria alla Scola Tempio di Gerusalemme è stato commovente. Sono stati tanti gli Italkim accorsi, tra cui anche il Hazan e fondatore Jonathan Pacifici. Secondo la tradizione la sinagoga italiana era stata fondata quando ancora a Gerusalemme esisteva il Bet Hamikdash e proprio in onore dell’antico Tempio fu chiamata “Scola Tempio”. Questo minian creato per arricchire e per fare crescere la Comunità, e non per separarla, dà un appoggio a chi vuole mantenere alcune usanze e riti della tradizione romana e risponde a esigenze vuoi territoriali vuoi demografiche.
Jonathan Pacifici e suo padre David sono anche i fondatori del sito e archivio digitale Torah.It. Nel sito è stato pubblicato un progetto a nome di rav Toaff. Si tratta di una raccolta di sue registrazioni e suoi testi. “Speravamo di portarlo a termine in occasione il compleanno dei cento anni del rav, che sarebbe caduto tra poco, ma abbiamo dovuto adattarlo alla sua scomparsa” racconta David Pacifici con tristezza.
Tante le persone che hanno voluto condividere il contributo di rav Toaff alla loro aliya. “È per merito suo che sono qui. Lui mi ha fatto uscire da una strada scura che mi portava verso la morte e grazie lui ho avuto le forze necessarie per fare la ailya e vivere la mia vita quotidiana” dice una delle partecipanti.
Rav Toaff è stato ricordato attraverso un devar Torah anche da Rav Hilel Sermoneta e dal giovane Hazan della Comunità Jacov Di Segni, che ha anche condiviso alcuni ricordi personali.
Come Imri, anche io purtroppo so cosa si prova a mescolare una festa con un lutto. Così come lo sanno le “Mishpachot shakulot” (famiglie dei soldati uccisi), che ogni anno vivono il passaggio da Yom HaZikaron (il giorno del ricordo) a Yom HaAtzmaut (il giorno dell’Indipendenza). Anche la settimana della shivah per mio nonno Vittorio Sacerdoti z’l, ex presidente della comunità di Padova, coincideva con quella del mio bar mitzvah. Giunti al bar mizvah di mio fratello Gavriel poi, si è ripetuta la stessa situazione per la scomparsa dell’altro nonno rav Sergio Josef Sierra z’l. Il suo amato allievo Alfredo Mordechai Rabello, che ormai è come un membro della nostra famiglia, ha pubblicato in quell’occasione un testo scritto proprio da mio nonno in occasione del suo bar mitzvah.
Sono stati tanti, giustamente, a parlare di Rav Toaff, una grande persona. È diventato quasi un mito: per il fatto che ha vissuto quasi fino a cent’anni, ma anche per la corrispondenza della data della sua morte con la lettura di questa parashah. Il giornale Ynet l’ha anche nominato ‘il papa degli ebrei’, un titolo che secondo me è sbagliato. Nell’ebraismo non ci sono santi e sicuramente non c’è un papa. Nell’ebraismo ci sono zadikim, chachamim, shomrei mizvot, geonim e tanti altri belli titoli che gli si possono sicuramente attribuire. Solo nel cristianesimo, naturalmente con tutto il rispetto a questa religione e senza nulla togliere alla grandezza del rav Toaff, ci sono i santi, e anche per ogni giorno dell’anno.
A volte secondo me è un bene che una persona sia più vicina alle altre persone perfino più di quanto è vicina al Signore. Il grande rav Toaff – da quanto mi è stato raccontato – era vicino a tutti e due: era vicino al Signore rispettando le mitzvot che riguardano il rapporto con Dio, ma era anche vicino alla gente e in particolare alla sua Comunità. ‘La sua porta era sempre aperta’ è stato detto di lui Limud. Spero tanto che tutti noi impareremo dal grande Rav Toaff e proveremo – anche se non possiamo essere santi – a essere delle persone buone e migliori.
Michael Sierra
(28 aprile 2015)