“Torah e Repubblica, ecco perché l’Europa ha bisogno di noi”
Speranza e orgoglio in un momento di dolore e difficoltà, un ebraismo consapevole dei suoi valori, della sua storia e della sua bandiera e consapevole del proprio dovere di offrire questi valori a un’Europa che ne ha bisogno – è un composito intreccio identitario quello presentato dal Gran Rabbino di Francia Haim Korsia nei suoi interventi al Moked di Milano Marittima, a cui ha partecipato come ospite d’onore internazionale.
Molte le domande nell’animo di chi ha assistito da fuori ma da vicino agli attacchi terroristici alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato Hypercacher sui sentimenti del mondo ebraico francese e sulle responsabilità dei suoi leader, sull’ondata di emigrazione verso Israele di tanti giovani e tante famiglie e sulla situazione di chi invece resta in Francia, a cui rav Korsia ha risposto presentandosi allo stesso tempo e con uguale vigore come guida spirituale di un ebraismo ferito ma forte e come cittadino francese fiero e attivo.
“Ogni volta che non mi sento sicuro di qualcosa, cerco la risposta nella Torah”, ha affermato rav Korsia, nei cui discorsi compaiono con costanza passi dal Talmud e dalla Torah citati a memoria. “Questi sono i miei valori, ma lo sono anche e indissolubilmente quelli della Repubblica in cui vivo – libertà, uguaglianza e fraternità – che si dà il caso siano profondamente condivisi dall’ebraismo”, ha aggiunto.
“La Torah non è forse stata data al popolo ebraico dopo averlo fatto uscire dall’Egitto e averlo reso libero, e non quando era ancora schiavo?”, ha ad esempio evidenziato il rav, ed è proprio la libertà il tema su cui si è maggiormente soffermato. Spesso, ha osservato, siamo portati a non renderci conto della grandezza della libertà di cui godiamo: “Siamo talmente abituati a vivere in un mondo in cui la libertà ci è garantita, che spesso la sottovalutiamo, addirittura ci lamentiamo di esserne privi, scordando quanto nella storia si sia dovuto lottare, per la possibilità di esprimersi, perché gli ebrei potessero votare, e per molti altri diritti di cui troppo spesso addirittura dimentichiamo di avvalerci”.
Una libertà, quella illustrata da Korsia, che non può mai vacillare nella sua assolutezza. Come nel caso dell’episodio biblico degli esploratori mandati in Israele prima che il popolo ebraico vi facesse il suo ingresso, che elencarono tutte le meraviglie d’Israele per poi commettere l’errore di aggiungere un ‘ma’ finale che costò a tutta quella generazione molto caro, anche la libertà non può contemplare un’avversativa. “La libertà di espressione, di stampa, anche di satira costituisce un cardine irrinunciabile della nostra società, e per questo non è lecito metterla in dubbio con un ‘ma’”, ha osservato rav Korsia. “E per questo motivo non possiamo porre un limite alla libertà altrui, anche quando ci dà fastidio, perché così facendo lo porremmo anche alla nostra”, ha aggiunto il Gran Rabbino, sottolineando quanto la risata sia un valore fondante dell’ebraismo.
Alla luce di questo, ha poi sottolineato la necessità di non permettere che il mondo ebraico venga raccontato dai giornali in modo parziale: “Non dobbiamo nascondere la varietà che ci contraddistingue, le diverse opinioni, i molti gruppi di cui siamo composti e nemmeno i nostri dissidi interni, in quanto è questo che ci rende forti”. Attraverso il racconto biblico della reazione del popolo ebraico all’arrivo di fronte al Mar Rosso – qualcuno voleva impugnare le armi contro gli egiziani in arrivo, qualcuno voleva suicidarsi conscio di non avere più chance di salvarsi, qualcuno voleva tornare in Egitto, e infine qualcuno si mise a pregare – il Gran Rabbino di Francia ha descritto tale varietà: “Nessuno di quei quattro gruppi aveva ragione, ma solo mischiando il coraggio del primo gruppo, la capacità analitica del secondo, quella di adattamento del terzo e la fede del quarto, il popolo ebraico poteva essere completo”, ha spiegato. “Ed è tale complessità – ha continuato – che garantisce la sopravvivenza dell’ebraismo, che composto da tante anime diverse riesce tuttavia a rimanere sempre unito ma mai uniforme”.
Tale contrapposizione ha portato il rav Korsia a esprimere la necessità per il mondo ebraico, come entità che vive all’interno della popolazione di un Paese, di distinguersi per il suo contributo culturale e sociale indispensabile ma di non cadere nel rischio di vivere separato da essa. E in merito al fenomeno crescente dell’antisemitismo che affligge la Francia, ma anche tutta l’Europa negli ultimi mesi, ha dichiarato: “Purtroppo è una minaccia da cui è difficile sperare di sfuggire dal momento che nessuna regione si sottrae, ma l’importante non è illudersi di vivere in un luogo in cui il pericolo non esiste, bensì in un luogo in cui la società combatte unita contro quel pericolo”. In Francia, ha sottolineato, esiste una nuova consapevolezza di questo fenomeno, dimostrata dalle autorità governative con misure concrete come il Piano Valls – il complesso sistema di misure messo a punto dal primo ministro Manuel Valls che prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro nei prossimi tre anni per la lotta al razzismo e all’antisemitismo – ma anche il dispiegamento immediato di oltre diecimila militari di militari davanti ai luoghi ebraici. “Anche per loro che ci proteggono ho ritenuto giusto aggiungere un paragrafo alla Berachah per la Repubblica francese che leggiamo ogni sabato in sinagoga”, ha detto Korsia, che è anche uno dei responsabili spirituali delle Forze armate francesi.
Riguardo al numero crescente di aliyot dalla Francia, fenomeno che secondo lui va inserito tra l’altro in una crescita generale della mobilità delle popolazioni europee, ha quindi aggiunto che la scelta di vivere in Israele può essere dettata dalla paura, ma deve avvenire esclusivamente per obbedire a una scelta di vita, per motivi filosofici, ideologici, o religiosi. È anche giusto ricordare, ha aggiunto, che una volta in Israele l’identità nazionale non scompare, “ma anzi si accentua ancora di più con la maggiore consapevolezza del proprio patrimonio culturale, valoriale e storico”.
Questa capacità di distinguersi del popolo ebraico, si traduce in pratica per rav Haim Korsia nel dovere di “riempire le potenzialità della società di cui si fa parte e insieme alla quale vive, occupare gli spazi portando al loro interno il proprio contributo identitario, quello che fa sì che la sua presenza sia indispensabile a rendere la Francia il Paese che è”. Come esempio di tale ruolo, il rav ha citato il suo invito accolto con favore dalle autorità islamiche francesi all’indomani degli attacchi terroristici di pochi mesi fa, di introdurre a loro volta nella loro liturgia una preghiera per la Repubblica.
“Distinguersi e non separarsi dalla società significa in ultima analisi essere portatori di luce”, ha affermato il Gran Rabbino di Francia. “E bisogna sempre tenere presente che si può accendere una candela in una stanza e illuminarla, ma se è una stanza isolata da quella in cui vivono tutti gli altri, questi ultimi rimarranno comunque al buio. Non dimentichiamo – ha detto il Gran rabbino di Francia – che i ponti sono sempre più forti dei muri”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(3 maggio 2015)