Lag Baomer a Djerba – Pellegrini del Mediterraneo
Alla prima romana del film “24 giorni” di Alexandre Arcady, che ripercorre le vicende degli ultimi giorni di vita di Ilan Halimi, il giovane ebreo francese torturato e ucciso dalla “banda dei barbari” guidata dall’estremista islamico Youssouf Fofana, l’imam Hassen Chalghoumi, che nel suo intervento ha esortato a lottare unitamente contro l’estremismo, ha ricordato che proprio in queste ore centinaia di ebrei stanno convergendo sull’isola tunisina di Djerba, per l’annuale pellegrinaggio alla sinagoga di El Ghriba. In occasione di Lag Baomer, per tre giorni feste, preghiere e riti millenari hanno luogo nell’antichissimo sito. Misure eccezionali sono state prese quest’anno dal governo tunisino al fine di garantire la sicurezza, in particolare in seguito all’attentato al museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015, rivendicato dall’Isis e in cui sono morte 24 persone.
“Tutte le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza sono state prese. La Tunisia è un paese pacifico, Djerba è un luogo sicuro, tutti i visitatori sono benvenuti”, ha dichiarato il ministro dell’Interno tunisino Najem Gharsalli, che si è recato a Djerba di persona per un controllo preliminare all’arrivo dei pellegrini. Barriere e posti di blocco sono stati eretti lungo la strada che porta alla sinagoga di El Ghriba, e forze di polizia sono state dispiegate sul sito stesso. Tali provvedimenti sono stati presi anche in seguito a un avviso di allarme emesso dall’ufficio anti-terrorismo israeliano. Il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva detto sabato che il Paese era al corrente di “minacce concrete” di attacchi terroristici rivolti contro obiettivi israeliani ed ebrei in Tunisia, suscitando però un’immediata smentita da parte delle autorità di Tunisi. Rapida anche la risposta del presidente della comunità ebraica di Djerba, Perez Trabelsi, secondo cui l’isola sarebbe più sicura di Israele.
La comunità ebraica di Djerba, con i suoi più di mille iscritti, raccoglie la gran parte degli ebrei tunisini (il cui numero è drasticamente diminuito, passando da circa 100 mila a circa 1500, quando il paese ottenne l’indipendenza dalla Francia nel 1956) ed è una delle comunità più grandi del Maghreb. La sinagoga di El Ghriba è una delle più antiche al mondo: la struttura attuale risale ai primi anni del ventesimo secolo, ma una sinagoga esiste nello stesso sito da più di due millenni. Secondo la tradizione, El Ghriba fu costruita dagli esuli ebrei nel 586 a.e.v. con le pietre recuperate dalla distruzione del primo Tempio di Gerusalemme costruito da re Salomone.
Anche il numero dei pellegrini che arriva sull’isola è in notevole calo. Quest’anno ne sono attese diverse centinaia, decisamente meno delle migliaia di persone che prima del 2002, quando un attentato suicida organizzato da al Qaida provocò la morte di 21 persone, affollavano la più antica sinagoga africana per rendere omaggio come da tradizione alle tombe di famosi rabbini (nel maggio del 2000 ci furono circa 8 mila visitatori). A parte i pellegrini tunisini, altri 500 seguiranno i due giorni di cerimonie, in provenienza soprattutto da Francia, Israele, Italia e Gran Bretagna.
Le celebrazioni di Lag Baomer sono legate alla figura leggendaria di una donna chiamata La Ghriba, che in arabo significa ‘la straniera’ o ‘la straordinaria’, vissuta sull’isola in un passato molto remoto. Circolano diverse versioni della leggenda, anche se la più conosciuta è quella che racconta di una donna pia e devota che viveva da sola, senza famiglia o parenti prossimi. Una notte, la sua casa andò a fuoco e fu trovata morta, ma miracolosamente il suo corpo rimase illeso dalle fiamme. Gli abitanti locai decisero di seppellirla nel luogo della catastrofe e per onorarla le costruirono un santuario, che da lei prese il nome di El Ghriba.
Oggi, i pellegrini vi giungono a Lag Baomer per chiederle aiuto: donne sterili affermano di essere rimaste incinte proprio dopo aver chiesto a La Ghriba di intercedere, ragazze nubili di aver trovato marito, molti malati di essere guariti. Il punto centrale delle celebrazioni è un grande candelabro di legno chiamato Grande Menara, che viene decorato con tessuti multicolori e messo su un carro su ruote per essere portato tra le strade del villaggio dove sorge la sinagoga. Le donne accorrono per spruzzare la Grande Menara con del profumo e abbracciarla, gli spettatori partecipano a un’asta per aggiudicarsi qualche metro sul carro accanto al candelabro e la processione è accompagnata da musica, balli e canti.
Nella sinagoga nel frattempo ci si raccoglie in preghiera e si accendono candele. Uno dei rituali più caratteristici è quello di scrivere i propri desideri su delle uova sode, che sono poi posizionate su una delle pietre secondo la tradizione portata da Gerusalemme.
E tra colori, suoni e profumi, un signore ebreo tunisino racconta: “Vengo qua da sessant’anni, la sicurezza è magnifica e io ritrovo la serenità”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(7 maggio 2015)