…integrazione

La risposta della società italiana all’emergenza profughi può assumere sembianze paradossali, con istituzioni pubbliche contrapposte e gruppi di cittadini diversamente organizzati. Certo, l’imminenza delle elezioni regionali non aiuta ed è chiaro che in questi momenti la demagogia si spreca.
Tuttavia è significativa l’assenza di condivisione anche solo di un’idea generale di integrazione, e questo è un problema generale che riguarda l’intera società italiana che dovrebbe indurre anche il suo mondo ebraico a riflettere e ad esprimersi.
Facciamo l’esempio di Padova: abbiamo un sindaco (“di tutti”, diceva un anno fa) che emana un’ordinanza per verificare il rispetto della legge di quei privati cittadini che spontaneamente offrono le loro abitazioni per ospitare i profughi che fuggono dalle guerre africane. Lo stesso sindaco aderisce a una fiaccolata organizzata dai commercianti del centro per denunciare l’’invasione’. In tutto 300 adesioni. Dall’altra parte il prefetto che pubblicamente elogia lo sforzo di ospitalità dei cittadini padovani e delle associazioni di volontariato, e un gruppo senza etichette politiche che organizza un contro-presidio del centro storico che parla di una “Padova che accoglie”.
Naturalmente le mie simpatie e il mio appoggio vanno a questa manifestazione, ma rimane intatto l’interrogativo di fondo: cosa sta succedendo alla società italiana? Come può essere che un paese che si è costruito proprio grazie al contributo di successive ondate migratorie e che è stracolmo di tracce storiche che parlano di accoglienza e integrazione, viva nella contemporaneità un percorso involutivo così marcato? Di certo la questione religiosa è al centro di questa dinamica, ed è per questo che il mondo ebraico deve far sentire la sua voce in proposito. Magari uscendo un po’ dal suo orto e rimarcando – per restare legati all’esempio di Padova – che il santo Antonio da Padova che verrà venerato dalla comunità cattolica il prossimo 13 giugno come ogni anno, veniva in realtà da Lisbona e aveva girato mezza Europa prima di approdare (non da profugo, ma certamente da immigrato) nella città che aveva appena istituito la sua Università. La stessa Università che a partire dai secoli immediatamente successivi accolse – unica in Europa – anche molti studenti di medicina ebrei. Parliamo di realtà storicamente accoglienti: facciamo che il presente sia degno dell’esempio del passato.

Gadi Luzzatto Voghera

(15 maggio 2015)