Qui Firenze – Lettere da Urbisaglia
Giornalista, avvocato, linguista, ma anche avventuriero ed esploratore di mondi avvolti dal mistero (tra gli altri, quello davvero pioneristico, degli ebrei d’Etiopia a metà degli anni Trenta del secolo scorso). Carlo Alberto Viterbo (1889-1974), una delle figure più eclettiche e complete dell’ebraismo italiano novecentesco, torna a far parlare di sé con una straordinaria testimonianza: una raccolta di scritti che raccontano del suo arresto nel carcere romano di Regina Coeli e del successivo periodo di detenzione ad Urbisaglia (Macerata), dal cui campo di internamento intrattenne un fitto epistolario con la moglie e con il figlio 13 enne.
Proprio al figlio Giuseppe si deve oggi la pubblicazione de “Il giorno di ritorno che verrà”, un’antologia degli scritti da Urbisaglia che ha visto la stampa grazie alla casa editrice Aska e che è stata presentata, con grande successo, nella sede dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana. A confrontarsi sui temi e sul significato di questa nuova prova il direttore dell’istituto Matteo Mazzoni, l’antropologo Ugo Caffaz, gli storici Marta Baiardi e Alberto Cavaglion.
Nuova luce, quindi, su una figura straordinaria e ancora non sufficientemente studiata e conosciuta (tema, assai attuale, sollevato nel corso di una recente giornata di studi in suo onore svoltasi presso la Comunità ebraica fiorentina). A riconoscerlo, sulla Rassegna Mensile di Israel, anche la storica e docente universitaria Elizabeth Shachter, che ha ricordato come per molti anni Viterbo abbia offerto un contributo di ampio respiro “allo sviluppo e alla divulgazione del patrimonio ebraico in Italia”.
Intellettuale, uomo di cultura e di azione, ma anche ebreo profondamente radicato nei valori in cui era stato educato fin da bambino. Come ricorda Paul Pollak, un ex internato: “È indicativo e caratteristico il fatto che molti, che fino ad allora avevano assunto, nei confronti della religione, un atteggiamento indifferente o addirittura ostile, subirono nel campo un processo di catarsi, e che, su varie ricorrenze religiose, la partecipazione degli internati era completa. Anche qui l’avvocato Carlo Alberto Viterbo era il ‘padre spirituale’, riunendo nella sua persona le cariche di chazan e di capo spirituale. A lui si deve se, ogni venerdì sera ed ogni ricorrenza, sono divenute anche, intimamente ed esteriormente, delle vere festività.”
A chiusura del vivace dibattito scaturito dalla presentazione de “Il giorno di ritorno che verrà” una commossa testimonianza del figlio Giuseppe e l’intervento del sindaco di Urbisaglia Paolo Giubileo. L’intenzione, condivisa dal curatore, è quella di presentare lo scritto anche nel comune marchigiano.
(20 maggio 2015)