Expo 2015 – Sostenibilità, terreno condiviso
Non rovinare il creato con un eccessivo sfruttamento ed evitare gli sprechi. In una parola, sostenibilità. Quando si parla di alimentazione vi sono dei capisaldi che sono condivisi da tutti, e in primo luogo da tutte le religioni. Questo è emerso con forza all’incontro “Il cibo nello spirito nella Carta di Milano”, organizzato all’Expo in occasione della Giornata delle Nazioni Unite sulla Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo. “Ci si comincia a rendere conto del ruolo delle religioni nella produzione di cibo sostenibile, e visto che all’Expo si coinvolge tutto il mondo sono stati riuniti esponenti di tutte le religioni. Un’ottima iniziativa”, afferma il rav Elia Richetti. A confronto anche monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della chiesa cattolica ambrosiana, l’imam della Coreis Hamid Abd al-Qadir Distefano, il pastore della chiesa evangelica valdese Giuseppe Platone, la cappellana della chiesa anglicana Vickie Sims, l’esponente induista Svamini Hamsananda Ghiri e il monaco buddhista tibetano Tenzin Khenze.
“Anche per chi non è credente, tutte le religioni hanno qualcosa da insegnare”, ha osservato il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, che ha partecipato all’incontro insieme al commissario unico delegato del governo per Expo Giuseppe Sala e al presidente di BolognaFiere Duccio Campagnoli.
L’importanza rivestita dal cibo e una rigorosa sostenibilità sono dunque i principi cardine che guidano tutte le culture religiose, che si differenziano poi per le modalità in cui tali principi vengono messi in pratica. Il rav Richetti cita dunque vari esempi di regole dell’ebraismo che riguardano l’alimentazione in tutti i suoi aspetti e vanno esattamente nella direzione di un sistema di produzione altamente sostenibile. Tra queste l’uso consapevole delle risorse della terra, con l’istituzione dell’anno sabbatico per far riposare il terreno e il divieto di sfruttare i primi prodotti di ogni albero per dargli la possibilità di crescere più forte, oltre che il quello di mescolare sementi diverse per far sì che il terreno sia in grado di fornire il nutrimento giusto. E poi naturalmente anche il divieto di sprecare e buttare cibo, per non distruggere inutilmente ciò che viene prodotto.
Legata a quest’ultimo divieto, aggiunge il rav, è la mitzvah della tzedakah, intesa come il dare a ognuno quanto è giusto che abbia. “Un principio – racconta – che ha trovato pieno riscontro presso l’imam musulmano”, in quanto sia l’ebraismo sia l’islam non stigmatizzano la ricchezza idealizzando la povertà ma chiedono a chi ha di più di rendersi conto della situazione dei meno fortunati.
Un dialogo, quello tra le religioni, che va dunque ben al di là del campo della semplice nutrizione ma travalica in quello dell’etica, e a cui la cultura ebraica fornisce innumerevoli stimoli. “Le grandi idee nell’ebraismo non sono espresse con belle parole ma con i precetti” ricorda rav Richetti
f.m. twitter @fmatalonmoked
(22 maggio 2015)