ALL’UCEI LA CITTADINANZA ONORARIA DI FINALE Educazione, orizzonte comune

ishot-662“Un riconoscimento che ci onora e che testimonia l’indissolubile nesso che vi è tra Finale Emilia e l’Italia ebraica, da quando il vostro paese vide crescere secoli addietro una comunità fiorente e culturalmente attiva sino ad oggi, quando progetti e iniziative ci accomunano nella sfida educativa”.
Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nell’accogliere la cittadinanza onoraria che il Comune di Finale Emilia ha voluto conferire all’Unione per la solidarietà e le iniziative concrete adottate in occasione del terribile sisma di tre anni fa.
A raccogliere il riconoscimento il consigliere UCEI Giorgio Mortara, coordinatore nel 2012 dell’azione di assistenza rivolta alla popolazione civile che ha permesso la costruzione, tra le altre, di una biblioteca nel nuovo plesso scolastico edificato sul territorio cittadino che porta il nome di Elvira Castelfranchi, indimenticata maestra finalese che fu allontanata dall’insegnamento (a un anno dalla pensione) con l’emanazione delle leggi razziste. Insieme a Mortara la presidente della Comunità ebraica di Modena Tiziana Ferrari e il rabbino capo Beniamino Goldstein.
Ad accoglierli il sindaco di Finale Fernando Ferioli, una delegazione del Comune, la dirigente scolastica Rossella Rossi, alcuni insegnanti e una classe che aveva partecipato al gemellaggio con la scuola ebraica di Roma e alle attività proposte in loco dal progetto “Una cultura in tante culture” realizzato dall’Adei Wizo con il supporto dell’UCEI.
fin 2“Solo la cultura e la memoria sono gli antidoti affinché la nostra società sia consapevole dei propri valori fondamentali e irrinunciabili, primo tra tutti il rifiuto di ogni deriva fanatica e fondamentalista che finisce per diventare assassina contro chiunque venga considerato diverso” ha affermato Mortara spiegando i motivi di una scelta, quella rivolta a scuola e nuove generazioni, che testimonia un preciso impegno dell’Unione.

Centrato sull’importanza del libro stampato in una società sempre più informatizzata e sul ruolo dei maestri nel guidare gli studenti in una scelta consapevole del materiale che appare sui nuovi media (“affinché possano essere colte le informazioni utili per una crescita culturale e professionale”) l’intervento del rav Goldstein.

a.s twitter @asmulevichmoked

“Voi, un esempio per l’Italia intera”

Caro sindaco, cari amici di Finale Emilia,
vi giunga la mia gratitudine per il prestigioso riconoscimento che ci viene conferito.
Un riconoscimento che ci onora e che testimonia l’indissolubile nesso che vi è tra Finale e l’Italia ebraica, da quando il vostro paese vide crescere secoli addietro una comunità fiorente e culturalmente attiva sino ad oggi, quando progetti e iniziative ci accomunano nella sfida educativa. Nel nome della nostra antica amicizia, ma anche nel nome dell’indimenticata maestra Elvira Castelfranchi, il cui esempio è ancora vivo tra le generazioni.
Accogliendo la cittadinanza onoraria di Finale Emilia, voglio ribadirvi l’ammirazione degli ebrei italiani per lo straordinario esempio che avete saputo fornire al Paese, affrontando a testa alta, con abnegazione e profonda umanità, una prova durissima e ancora lontana dal dirsi conclusa.
Siete un esempio per l’Italia intera ed è motivo d’orgoglio, per tutti noi, esservi al fianco.
Oggi come domani.

Renzo Gattegna, presidente UCEI

“Cultura, un antidoto al pregiudizio”

A nome del presidente Renzo Gattegna, del Consiglio dell’UCEI e di tuti gli ebrei che vivono in Italia ringrazio l’amministrazione comunale e tutta la cittadinanza per questo riconoscimento che ci onora.
L’aiuto per coloro che sono in difficoltà e che hanno bisogno è essenziale per un ebreo. Dice il Talmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.
In un momento come quello attuale di grandi incertezze e rivolgimenti e di crisi di valori volevo sottolineare ai giovani che sono qui presenti il ruolo centrale della cultura e della memoria.
Solo la cultura e la memoria sono gli antidoti affinché la nostra società sia consapevole dei propri valori fondamentali e irrinunciabili, primo tra tutti il rifiuto di ogni deriva fanatica e fondamentalista che finisce per diventare assassina contro chiunque venga considerato diverso.
A chi mi parla di tolleranza dico che la parola andrebbe abolita. Il significato etimologico è sopportazione non accettazione come qualcuno sostiene. Ma quando ci si limita a tollerare la presenza di un membro estraneo significa che non lo si accetta mai del tutto.
Chi si dichiara tollerante crede in buona fede di aver estirpato dentro di sé i semi del razzismo e dell’antisemitismo.
Egli ha solo imparato a controllare le reazioni di insofferenza per ciò che è sconosciuto.
Bastano la paranoia di un complotto o il sospetto di un pericolo e scatta di nuovo l’irrazionale.
Bisogna insegnare ai giovani il rispetto della diversità.
Per chi è religioso e appartiene alle tre religioni abramitiche dovrebbe essere più facile in quanto l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio.
Anche per i non credenti e per coloro che hanno fede nella scienza la genetica non c’entra; il razzismo non ha alcuna base scientifica. A differenziare i gruppi umani sono invece l’evoluzione culturale, le conoscenze, le innovazioni, i costumi, le abitudini del vivere. Così sostiene Luigi Luca Cavalli Sforza, genetista di fama internazionale, docente alla Stanford University
“Le differenze visibili sono innegabili. Ma il nostro aspetto, su cui si focalizza tanta attenzione, in realtà coinvolge una piccola quota del codice genetico umano. Ben più importanti a differenziare i gruppi sono invece gli atteggiamenti culturali”. Se l’evoluzione umana procede su impulso dell’evoluzione culturale, proprio la cultura può sostenerci nella lotta al pregiudizio e alle discriminazioni.
“In un periodo in cui sembrano riemergere antichi fantasmi è necessario riuscire a proporre una riflessione a tutto campo sul tema del razzismo capace di intrecciare i temi della scienze biologiche a quelli delle scienze umanistiche e all’etica. Solo così possiamo pensare di riuscire a dare concretezza ed efficacia al discorso antirazzista”.
Proprio l’importanza dello studio e della cultura ha fatto sì che l’Unione, nel decidere gli aiuti, abbia voluto privilegiare nella ricostruzione una istituzione come la scuola in quanto nella tradizione ebraica si è sempre data una grande importanza allo studio essendo fatto obbligo di studiare la Torah e di leggere le preghiere.
Gli ebrei sono stati quindi il primo popolo ad istituire la scuola dell’obbligo duemila anni fà anche se allora solo per i figli maschi.
In contemporanea con l’opera di ricostruzione della scuola l’Associazione donne ebree d’Italia ha voluto includere il comprensorio scolastico Elvira Castelfranchi tra le scuole che partecipavano all’iniziativa “Una cultura in tante culture” con il contributo dei fondi della raccolta dell’Otto per Mille UCEI.
Il progetto era rivolto alle scuole di ogni ordine e grado per promuovere l’integrazione di alunni di etnie diverse e favorire l’instaurarsi di un clima di accoglienza e rispetto reciproco, finalizzato alla coesione del gruppo classe.
La restante quota del finanziamento è per il rifacimento delle mura del cimitero ebraico, per preservare la memoria della comunità ebraica di Finale Emilia.
Voglio terminare con un ricordo personale.
Mia nonna paterna Marianna era infatti una Donati. La nostra famiglia è riuscita a risalire nelle generazioni grazie alle ricerche genealogiche fatte negli anni Trenta del Novecento da un mio prozio, Benvenuto Donati, professore di filosofia del diritto a Modena per dimostrare l’italianità della famiglia quando furono promulgate dal regime fascista le leggi razziali.
Nel cimitero di Finale è sepolto un mio antenato: Donato Donati.
Appesa alla parete dello studio di mio zio Amedeo zl”a Milano è conservata una grida firmata da Matteo Baracchi per conto del duca Cesare d’Este datata 1621 nella quale due ebrei di Finale, Donato Donati e Simone Borghi, erano autorizzati al commercio del grano saraceno per 25 anni. La diffusione dell’utilizzo del grano saraceno nell’appennino emiliano, dove il frumento non cresceva, fu un importante fattore per la riprese dell’economia agricola della zona in un epoca in cui patate e mais non erano ancora coltivate.
Anche la famiglia Mortara ha vissuto per 350 anni tra le provincie di Modena e Reggio dove era emigrata dal Ducato di Milano a seguito dell’applicazione delle leggi dell’inquisizione da parte degli spagnoli nel 1520.
Sono fiducioso che l’esperienza e le conoscenze dei nostri antenati e predecessori possono esserci da guida nell’oggi, perché è proprio rielaborando il passato che si costruisce il presente e il futuro. Il popolo ebraico non deve essere rappresentato come un popolo antico ed estinto, ma vivo e attuale e l