Expo…

In questi giorni si parla moltissimo dell’Expo 2015 in versione casher, l’etica ebraica dell’alimentazione. Mi è capitato di fare alcuni interventi nell’ambito di Expo sugli aspetti etici del rapporto tra Torah e natura. Una parte di me però ci terrebbe a sottolineare che vi sono aspetti etici anche verso l’uomo in senso lato. Trovo assolutamente importanti i temi trattati da Expo 2015 in merito alle nuove tecnologie, all’ottimizzazione delle risorse e la massimizzazione della produzione alimentare, il più variegata e differenziata possibile. Gli aspetti culturali sono al centro. Tuttavia è necessario sottolineare che Expo 2015 deve lasciare un messaggio concreto. Di più: deve contribuire attivamente a una società umanamente più equa, alla giustizia sociale, al problema reale della fame del mondo, alle palesi ingiustizie. Expo 2015 non può e non deve essere fine a se stessa, altrimenti non ha alcun significato. Faccio mie quindi le parole di Francesco al discorso inaugurale. Sono un ingenuo? Sicuramente. Ma bisogna pur credere in qualcosa, in un ideale etico, per poter sopravvivere in un mondo così squilibrato. La domanda sorge quindi spontanea: Expo Kosher 2015 è veramente Kosher dal punto di vista etico?
L’uomo deve raggiungere prima di tutto un alto livello morale nei confronti del suo prossimo per poi estenderlo anche al regno animale e alla natura; porre una distinzione fra la morte e la vita, a non essere crudeli, ipocriti e cinici, per una società etica finalizzata alla giustizia sociale.
“Rabbi Yshmael diceva: “il peccato offusca il cuore, come è detto: non diventerete impuri attraverso di esse (le specie vietate), così da rendervi contaminati a causa loro”. Non si legga “venitmeitem” (“diventerete contaminati, impuri”), ma “venitamtem” (“diventerete duri di cuore”). La parola “venitmeitem” è scritta senza la lettera aleph, quindi può essere letta in modo diverso, cioè “Timtum”, che differisce dalla parola “Tumà” con la lettera aleph”.
Il cibo che si mangia influenza profondamente la propria natura morale. Non si tratta però qui del concetto di “Tamè” e di “Taor”, di puro e di impuro dal punto di vista rituale. Le leggi della Kashrut legate ai cibi permessi o proibiti sono distinte dalle leggi sulla purità e impurità rituale. L’aspetto spirituale e morale delle leggi è quello che conta. L’obiettivo è solamente il servizio di D-o. Le leggi della casherut vanno sempre di pari passo con il resto delle leggi della Torah, in particolar modo con la proibizione della Rechilut e della Lashon HaRah: la proibizione della maldicenza.
“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di D-o”. “Che cosa è più importante della carne dei sacrifici? Le nostre labbra con cui preghiamo”.
“Chiunque non è sincero nella parola è come se adorasse gli idoli. Ogni persona in cui si trova maldicenza e ipocrisia porta collera sul mondo e la sua preghiera rimane inascoltata, è maledetto anche dagli embrioni nel seno della madre, è impuro e immondo e cadrà nel Gheinnom. Chiunque è dedito all’ipocrisia e alla menzogna è ripugnante come una cosa impura e immonda e andrà in esilio”.
L’esigenza di un cuore puro è fondamentale: “formami, o D-o, un cuore puro, e infondi in me un nuovo spirito costante” dice il Salmista. Questo grido attraversa l’intera Torah e impregna di sé tutta la liturgia ebraica.
I maestri sottolineano che così come si deve fare attenzione a tutto ciò che entra nella bocca dell’uomo, così anche bisogna stare attenti a tutto quello che esce dalla bocca dell’uomo: queste cose bisogna praticare, senza omettere quelle.
Il paradosso? All’Expo 2015 non c’è una sola certificazione casher. Viviamo nella civiltà della mera apparenza. Cerchiamo di non rendere l’Expo 2015 nel suo complesso solo apparenza. Troppo tardi?

Paolo Sciunnach, insegnante

(1 giugno 2015)