Torino – Gino Olivetti, traccia da riscoprire
“Una biografia che ricostruisce una figura complessa come quella di Gino Olivetti, per molto tempo rimasta nell’ombra o semplicemente confusa con un altro ramo familiare a tutti più noto”. Così Tullio Levi ha introdotto ieri a Torino, nel centro sociale comunitario, la presentazione del volume “Gino Olivetti. Biografia dell’altro Olivetti, un protagonista della storia italiana” (ed. Le Chateau, 2014), dedicato al celebre avvocato, economista e politico che fu fondatore e primo segretario della Confederazione Generale dell’Industria Italiana (Confindustria).
Tra i molti interventi che hanno animato la serata quelli di Mario Jona, del pronipote Luigi Olivetti e di Silvia Granata, curatrice del volume assieme a Paola Rapini.
Punto di partenza la comprensione di come una personalità di spicco e di potere come quella di Gino, che ha rivestito numerose cariche pubbliche e politiche negli anni del fascismo e che ha avuto contatti diretti con lo stesso Mussolini, sia sprofondata in un baratro fatto di silenzio e di vuoto. Innanzitutto Gino Olivetti era un liberale, cresciuto e formatosi in un ambiente molto diverso rispetto a quello in cui poi avrebbe operato: infatti è il passaggio tra XIX e XX secolo che porta alla crisi dell’Italia liberale, alla crisi economica e allo sviluppo dei movimenti di massa. Gino in quegli anni era segretario generale della Lega Industriale: poco più che venticinquenne si trova a dare il via a una nuova concezione di associazionismo industriale, optando per un nuovo modo di rapportarsi al movimento operaio. Olivetti può essere considerato a tutti gli effetti il creatore del sindacalismo padronale industriale e della stessa Confindustria.
Gino parte dall’idea di cavalcare l’onda del fascismo, infatti si iscrive al partito nel 1933, per sfruttarla a suo favore, cercando, da uomo liberale, di difendere una struttura economica dalle innovazioni imposte dal regime fascista. Sarà poi il fascismo ad avere la meglio, e Gino verrà poi schiacciato da un sistema di potere da lui fortemente sottovalutato. Tuttavia, continua Jona, resta da capire il perché una figura centrale tra gli industriali e i tra i politici sia finita nel dimenticatoio: osteggiato sia dai marxisti perché ritenuto amico dei fascisti che dagli stessi liberali, Olivetti risulta un personaggio scomodo e nessuna organizzazione era particolarmente interessata a tenerne memoria, neanche la stessa Croce Verde da lui fondata. Per Gino Olivetti la Croce Verde rappresentava “la sua creatura” e la sua maggior soddisfazione, perché era nata da un profondo senso di solidarietà e di slancio verso il prossimo.
Saranno poi il figlio e il nipote Luigi a prendere la decisione di ricostruire attraverso un libro la sua figura, riportando alla luce le infinite sfaccettature e le contraddizioni di un uomo che ha rivestito un ruolo importante nella storia del Novecento. Il libro doveva seguire il profilo privato da un parte e quello pubblico dall’altra, in realtà costantemente intrecciati. La sua realizzazione è stata resa possibile grazie all’abbondante quantità di documenti raccolti negli anni sia dalla moglie Mimmi Ottolenghi, che dal figlio. La raccolta dei materiali, che collimerà in un vero e proprio archivio, ha inizio negli anni Sessanta, ma solo negli anni Novanta si comincia a far ordine e a ricostruire i vari tasselli che compongono la vita di Olivetti. Il volume richiede cinque anni di lavoro prima di essere completato; tuttavia, sottolinea il nipote Luigi, non si può ritenere davvero finito: ogni documento conduce ad altri, andando a costituire una rete infinita: questo conferisce all’opera la capacità di suscitare sempre nuovi approfondimenti. La stessa curatrice del volume, Silvia Granata, si riferisce a Gino come a un personaggio estremamente poliedrico, tanto da riscontrare una difficoltà reale nel volerlo inquadrare all’intero di un ruolo preciso. La difficoltà, spiega la curatrice, rappresenta allo stesso tempo la forza di questa biografia: il personaggio oscilla continuamente tra pubblico e privato e questa dinamicità è la chiave di lettura del libro e dello stesso Gino.
Alice Fubini
(4 giugno 2015)