… Italia
“Fratello, di qualsiasi razza tu sia, varcando la frontiera Italiana che ti separerà non in distanza geografica soltanto, ma in differenza spirituale dai campi della Germania, Polonia ed Austria e da ogni campo del mondo dove l’uomo era caduto nelle mani dell’uomo, permetti che ti mandi questo documento di confessione. Tu sei sconosciuto, ma vedo il tuo volto emergere dal mare della gente che soffrì gli orrori e l’attesa e adesso, dopo la delusione sconcertante, appunta i suoi sguardi su questa Italia dove spera di poter respirare liberamente, ammirare l’azzurro del cielo senza l’incubo provato nei campi della morte, quando uno sguardo verso il cielo limpido non faceva che mettere in risalto la distanza opprimente che separava l’infinità senza secondini del cielo dai forni di morte, in perpetua attività. Ti vedo davanti a me, fratello sconosciuto, conosco i pensieri che agitano l’anima tua. (…) Anch’io due anni fa varcai questa frontiera ‘con lena affannosa’, senza illusioni, senza aspettare dalla vita più niente all’infuori di una relativa sicurezza fisica; ho ritrovato invece quella fede nell’umanità che credevo di aver perduta per sempre”.
“Due anni sono passati dacché ho scritto questa confessione d’affetto per l’Italia. Mi sento Italiano, ed in ciò confermo quel che ha detto un grande francese (Ernest Rénan, ndr): ‘La nationalité n’est pas une question de race, ni de naissance; c’est un plébiscite de la conscience’. Quanto a me, per plebiscito della coscienza, sono profondamente, religiosamente italiano: ho votato per l’Italia”.
Sono le parole con cui inizia e conclude un suo breve scritto il profugo ebreo ungherese Nicola Erdélyi, approdato in Italia nel pieno della guerra, nel 1943, e qui rimasto dopo aver sposato la veneziana Linda Polacco. Il suo nome rimane legato al primo dizionario moderno ebraico-italiano (Dizionario Italiano-Ebraico, Ebraico-Italiano; di Nicola Erdélyi ; con la collaborazione di Amos Luzzatto, Casa editrice Israel, Firenze, 1948), ma nello stesso anno aveva dato alle stampe un delizioso libriccino che aveva scritto nella primavera del 1945 a guerra ancora in corso: “Lettera ad un profugo o piccolo Bedecker di cose italiane” (Roma 1948). E’ un testo introvabile, una descrizione del carattere degli italiani a beneficio dei profughi in arrivo nella penisola a decine di migliaia. Allora come ora l’Italia si faceva accogliente agli occhi di chi proveniva da situazioni disperate. Uno scritto molto attuale, che aiuta a riflettere sul presente.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(5 giugno 2015)