Roma al voto – Sociale, scuola, giovani. I candidati a confronto
Emergenza sociale, scuola, giovani. Tre sfide al cuore della prossima stagione di governo della Comunità ebraica di Roma. A pochi giorni dall’appuntamento con le urne (domenica 14 giugno) abbiamo chiesto ai quattro candidati alla presidenza di raccontarci le loro aspirazioni e le loro progettualità a riguardo. Nell’ordine di presentazione della lista, a rispondere sono Ruth Dureghello (Per Israele), Maurizio Tagliacozzo (Menorah), Claudia Fellus (Binah – Cer posto per tutti) e Fiamma Nirenstein (Israele siamo noi).
Emergenza sociale: un problema sempre più vivo, una sfida quotidiana di sopravvivenza per molte famiglie. Quali sono le strade più efficaci da percorrere per arginare questa difficoltà?
Ruth Dureghello
Il sociale è il “tema dei temi” per una Comunità che come tale voglia essere riconosciuta. In questo senso sottolineo la centralità che il nostro governo ha dato a questo tema e all’impegno della Deputazione ebraica per venire incontro alle diverse esigenze.
Come noto, l’Italia attraversa una difficile congiuntura economico-finanziaria i cui riflessi si fanno sentire, in modo particolarmente acuto, sui nostri iscritti. Disoccupazione sempre più significativa, la sfida quotidiana di mettere insieme pranzo e cena, famiglie che da un giorno all’altro perdono la casa. Sono situazioni drammatiche, cui intendiamo far fronte anche con nuove strade: l’intensificazione delle attività e delle strutture di Job placement, con professionisti che siano capaci non solo di formare ma anche di individuare le figure di maggiore talento in grado di spiccare il volo; l’implementazione di una social card che permetta di fare acquisti in esercizi convenzionati; il potenziamento delle strutture di accoglienza per anziani; il progetto “Casa amica” che prevede l’acquisto di una abitazione per ospitare (per brevi periodi) chi è in difficoltà.
Vorremmo anche investire in una sempre maggiore professionalizzazione, avvalendoci delle competenze proprie in particolare della World Ort, realtà leader in campo formativo.
Fondamentale sarà inoltre il contributo dei volontari, nel solco tracciato in questi ultimi anni di crescente impegno e consapevolezza.
Maurizio Tagliacozzo
Sul sociale è innegabile che questa Comunità abbia lavorato bene e che il filo conduttore degli ultimi anni di governo sia stato proprio l’impegno per alleviare le difficoltà di chi è meno fortunato. La Deputazione ebraica ha conseguito risultati importanti e il coordinamento tra la stessa, le istituzioni comunitarie e le diverse sinagoghe è notevolmente migliorato.
Restano comunque delle possibilità aperte, come quella di arrivare all’istituzione di uno sportello unico che permetta di evitare che alcune problematiche tipiche dello Stato – in particolare una proliferazione di strutture e di prassi da adempiere lesiva in prima istanza della dignità umana – siano replicate all’interno della nostra Comunità.
Credo inoltre che esistano spazi per valorizzare l’impegno del Dror, il nostro sportello antiusura, oggi il secondo d’Italia: il lavoro svolto è straordinario e ancora troppo poco conosciuto. E vorrei inoltre impegnarmi affinché le risorse per il sociale non vengano attinte a scapito di alcune risorse fondamentali. Un esempio su tutti: il nostro Centro di Cultura, un fiore all’occhiello della Comunità, oggi relegato in pochi metri quadrati in un retrobottega.
Claudia Fellus
La crisi sta colpendo in modo brutale la Comunità e tanti giovani si trovano oggi nella condizione di non poter svolgere il lavoro che è stato, per molte generazioni, la unica fonte di reddito delle loro famiglie.
La ricollocazione lavorativa, un tema drammaticamente attuale per tutto il paese, ha un peso ormai spaventoso. Per ovviare a questa problematica sarà fondamentale agire in diversi modi: proponendo dei corsi di professionalizzazione, ma anche aiutando chi è in difficoltà ad entrare in contatto con i servizi che sono offerti dallo Stato, dalla Regione, da una vasta gamma di realtà della sfera pubblica.
C’è un dato, tra gli altri, che testimonia l’urgenza di questa sfida: l’esistenza di famiglie assistite dalla Deputazione ebraica da ormai tre generazioni.
Mettere una toppa dove c’è una carenza in assoluto, ma anche far sì che possano essere battute tutte le strade a disposizione in presenza di uno spiraglio: questo deve essere il nostro impegno.
Fiamma Nirenstein
Quella romana è una realtà molto composita, in cui a volte i più abbienti si dimenticano dello stato di bisogno di una sua parte non indifferente. Un bisogno oscuro, secolare, inesplicato, spesso latente. Tutto questo deve finire.
Come fare? Attraverso un supporto che non sia solo finanziario ma anche umanitario, mettendo al centro il valore inalienabile della dignità, dando vita a un progetto culturale che aiuti a (ri)scoprire il mondo, se stessi, la propria identità. L’orgoglio di essere parte della più antica e gloriosa comunità della Diaspora. Una comunità in cui ciascuno sia consapevole della “nobiltà” che vi è nel farne parte.
La Deputazione ebraica opera in modo eccellente, ma ha bisogno di un supporto più capillare e diffuso. Serve un maggiore supporto da parte della Comunità, anche attraverso l’immissione di nuovi volontari che diano il proprio contributo alla causa. E inoltre, un radicamento dell’impegno di tzedakah e una riconsiderazione dell’impatto tributistico su ciascun nucleo familiare. Ho infatti l’impressione che, in alcuni casi, sia troppo elevato.
Quale il modello educativo più adeguato per la scuola ebraica? La vostra è una proposta di continuità o pensate di introdurre dei cambiamenti significativi nella gestione?
Ruth Dureghello
La scuola rappresenta l’investimento più importante per il futuro di questa Comunità. Internazionalizzazione, padronanza delle lingue, nuove tecnologie, startup: sono molteplici i temi, molteplici le sfide, su cui lavorare in continuità con quanto fatto durante l’ultimo governo comunitario.
La gestione dell’educazione è evidentemente una sfida complessa, un processo da seguire passo dopo passo affinché questa scuola continui ad andare avanti nel suo percorso. Un percorso che in tanti hanno definito “d’eccellenza” e che l’ha portata a confrontarsi proficuamente con varie realtà internazionali e a ricevere numerosi attestati sia in Italia che all’estero.
Penso ad esempio alle startup: un contesto in cui i nostri ragazzi hanno dimostrato, anche negli scorsi giorni, di aver acquisito un bagaglio di esperienze che ha pochi eguali e che, sono certa, li farà essere una spanna sopra agli altri quando si proporranno, con la forza delle loro idee, nel mondo del lavoro.
La carne al fuoco è molta, i progetti sono belli e appassionanti. C’è solo da rimboccarsi le maniche. E agire con determinazione e concretezza.
Maurizio Tagliacozzo
L’esigenza che avverto più sentita è quella di portare al centro di tutto il merito. Bisogna premiare maggiormente le eccellenze, anche attraverso lo strumento delle borse di studio, troppo spesso viste come un mero supporto a chi è meno abbiente. È un’impostazione sbagliata: chiunque ne abbia i requisiti, a prescindere del reddito, deve poterne usufruire. Ma allo stesso tempo va tesa una mano a tutti i ragazzi in difficoltà: nessuno deve restare escluso dalla scuola per motivi economici.
Bisogna inoltre guarire da quella che è una malattia europea e parlarci chiaro: non tutti i ragazzi hanno le stesse inclinazioni, non tutti hanno la stessa passione per lo studio e la stessa propensione all’impegno. Ciascuna madre vorrebbe che il proprio figlio fosse un avvocato, un ingegnere, uno scienziato. Ma, come sappiamo, dal passaggio a teoria e realtà spesso qualcosa si perde per strada.
Ecco perché vorrei che i nostri ragazzi meno capaci negli studi avessero la possibilità, una volta concluse le medie, di essere indirizzati verso un percorso di professionalizzazione e apprendimento di mestieri. E che i nostri studenti più meritevoli, dalla quarta liceo in poi, avessero al loro fianco un ufficio preposto per aiutarli a costruire un curriculum appetibile per i più prestigiosi atenei internazionali.
Claudia Fellus
Sono dell’idea che alla nostra scuola serva una rivoluzione, non nella qualità dei contenuti ma senz’altro nei metodi. L’innovazione tecnologica non può infatti esaurirsi nella condivisione con gli studenti di iPad o lavagne interattive, ma deve essere il mezzo attraverso cui riformulare in toto il sistema educativo.
Cinque i requisiti cui dovrebbe rispondere la scuola: qualità dell’offerta, professionalità dei docenti, innovazione nei metodi di insegnamento e apprendimento, dimensione internazionale della docenza, capacità di organizzazione e di inclusione. Fondamentale una maggiore valorizzazione del professionale, il perno attorno cui deve ruotare la Comunità, cui deve essere garantita una formazione e un’assistenza costante. All’assessore e al Consiglio il compito di dare un indirizzo politico al lavoro da svolgere, ma senza invasioni di campo.
Serve inoltre la garanzia che tutti gli studenti, qualunque sia la loro condizione sociale, partano dallo stesso punto e siano assistiti in tutto il loro percorso. Ed è importante guardare ai problemi, ma anche alle opportunità, con realismo. Faccio un esempio: trarremo anche noi benefici dal disegno di legge sulla “buona scuola”, ma non certo nei termini che vengono propagandisticamente diffusi in questi giorni. Bisogna avere il coraggio di dirsi la verità, senza alimentare illusioni.
Fiamma Nirenstein
Parto da una premessa. E cioè che il lavoro svolto finora debba essere valutato positivamente. Ci sono però ancora molte sfide da vincere. La prima, che ritengo fondamentale, è l’offerta ai nostri ragazzi un’istruzione di maggior livello, che li porti a una conoscenza eccellente delle lingue, a una piena padronanza delle moderne tecnologie e a un arricchimento culturale a 360 gradi. I nostri ragazzi devono essere colti nel senso più esteso del termine, e allo stesso tempo essere messi in condizione di aprirsi al mondo attraverso esperienze e rapporti internazionali di una certa sostanza.
Sulla scuola c’è un dato che trovo preoccupante ed è quello relativo al passaggio dalle medie al liceo, dove perdiamo circa il 60 per cento degli studenti. Ci sono varie ragioni a monte, me ne rendo perfettamente conto, anche quella di ricercare indirizzi particolari che non siamo in grado di offrire. Però è un fronte sul quale è doveroso impegnarci.
La mia proposta è che si investa nel costruire un ponte più efficace, creando corsi misti dedicati a diverse professionalità (dalla ristorazione all’alberghiero, per arrivare ai servizi commerciali) che possano appoggiarsi, almeno in parte, a strutture esterne alla Comunità. In questo modo sarà più facile venire incontro alle esigenze più disparate, mantenendo però saldo il legame con la proposta formativa della nostra scuola.
Come coinvolgere maggiormente i giovani? Quali servizi erogare per una loro crescita nei diversi ambiti (studio, lavoro, consapevolezza identitaria)?
Ruth Dureghello
I giovani sono oggi protagonisti di molti momenti di vita comunitaria e hanno un ruolo centrale in diversi ambiti: organizzazione di conferenze, seminari e incontri, proposta di feste e occasioni ludiche, iniziative di comunicazione dell’ente verso il mondo esterno.
Sono soddisfatta del lavoro compiuto dall’ufficio giovani, sempre attivo e propositivo, una nostra eccellenza, e intendo proseguire con la stessa intensità per far sì che possa essere respinta la minaccia dell’assimilazione, una delle principali insidie che siamo chiamati a fronteggiare ormai ogni giorno.
Anche per questo sto pensando all’introduzione di un assessorato dedicato agli shidduchim, per favorire l’incontro tra i nostri ragazzi e la nascita di nuove famiglie ebraiche che diano continuità alla nostra storia, ai nostri valori, alle nostre tradizioni. Non una remota suggestione, ma un progetto di ampio respiro da gestire istituzionalmente.
Maurizio Tagliacozzo
Le attività per i giovani non possono essere dedicate esclusivamente allo svago fine a se stesso. Serve un maggiore investimento sul piano culturale, un rafforzamento delle attività del Delet e l’offerta di più spazi fisici di aggregazione rivolti ai diversi movimenti giovanili. La nostra Comunità ha il dovere di sostenerli in modo concreto, non solo con belle parole. E oltre a questo di attivare tutti gli strumenti che possano essere di supporto nel difficile passaggio dallo studio all’ingresso nel mondo del lavoro.
L’investimento sulla cultura è una leva strategica della nostra Comunità, oltre ad essere l’ingrediente che permette di essere cittadini consapevoli del mondo in cui viviamo. Guardo per questo con interesse e attenzione a tutte quelle esperienze che favoriscano una crescita in questo senso. A Roma, ad esempio, mi ha affascinato il percorso sulla Resistenza proposto dai ragazzi di Haviu et Hayom. Una proposta di qualità, rivolta a un pubblico ampio, che ha avuto il merito di richiamare molti giovani che altrimenti non parteciperebbero alla vita comunitaria. In questa esperienza di successo credo vada colta una lezione.
Claudia Fellus
Qualsiasi percorso giovanile svolto in ambito ebraico, a prescindere dall’orientamento ideologico dello stesso, deve essere visto con favore e aiutato in sede istituzionale.
Uno dei punti critici sul tema riguarda, a mio avviso, il passaggio all’età adulta e un progressivo allontanamento dalla Comunità che il più delle volte matura dai 18 ai 30 anni. Un gap in larga parte fisiologico, come confermano le statistiche internazionali, ma che dobbiamo essere in grado di colmare garantendo maggiori momenti di interazione e il consolidamento, a monte, di una solida educazione ebraica. Ciò permetterà una minore erosione del patrimonio di cui disponiamo e allo stesso tempo, a chi sceglierà comunque di allontanarsi, di avere più possibilità di ripristino della relazione nel futuro più o meno a breve termine.
Per coinvolgere maggiormente i giovani nella vita comunitaria vorrei anche mutuare un’esperienza di successo proposta dall’attuale dirigenza UCEI, e cioè un costante affiancamento dei nostri ragazzi agli assessori nominati dal Consiglio. Ritengo inoltre doveroso trasformare il pagamento della quota annua di iscrizione, oggi spesso coperta dai genitori, in ore di servizio civile da svolgere in Comunità.
Fiamma Nirenstein
I diversi gruppi e movimenti giovanili, il loro impegno e attivismo, le pulsioni che esprimono, sono una grande ricchezza per la Roma ebraica.
Il rischio, manifestatosi apertamente in questi anni, è che ciascuna realtà agisca un po’ per conto suo, in modo disaggregato rispetto all’insieme. Eppure non c’è niente di più ebraico che sentirsi parte di una comunità.
Ecco perché occorre un centro di aggregazione giovanile, che unisca tutti nel rispetto delle reciproche differenze, e che sia in grado di proporre un’offerta ampia: da momenti di studio a occasioni conviviali, da lezioni con Maestri ad eventi sportivi, proiezioni di film, cene tra amici.
Un cuore pulsante, coordinato dalle istituzioni comunitarie, che possa anche preparare i giovani – se lo vorranno – alla scelta dell’Aliyah. Ma soprattutto a un “respiro largo”, a godersi il mondo in tutte le sue potenzialità.
Sono anni difficili, con nuovi venti di odio che spirano in tutta Europa. C’è chi vorrebbe conformarci a determinati modelli assimilatori, ma noi non dobbiamo permetterglielo vivendo a pieno, con orgoglio e vitalità, il nostro essere ebrei.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(8 giugno 2015)