umiltà…

“…l’uomo Moshe era molto umile, più di ogni uomo sulla faccia della terra…..” (Bemidbar, 12; 3).
Di tutte le virtù che Moshe aveva – era senza dubbio saggio, pio, coraggioso – la Torah elogia solo l’umiltà, sottolineando il fatto che egli eccelleva in questo “più di ogni uomo sulla faccia della terra”.
Cosa c’è di tanto grande nel fatto di essere umile? Perché all’umiltà viene data tanta importanza qui come in altre parti della Tradizione ebraica? Esaminando la vita e le azioni di Moshe, risulta evidente che non si è trattato di una vita all’insegna della timidezza o della docile acquiescenza.
Moshe non si sarebbe facilmente piegato o arreso nelle sue richieste o nelle sue dispute, sia nel rapporto con l’Eterno, che in quello con gli uomini. Se Moshe deve servire come supremo esempio di umiltà “più di ogni uomo sulla faccia della terra”, allora umiltà non significa certamente debolezza, né mitezza, né resa. Dunque l’umiltà merita di essere definita tale solo quando nasce da una posizione di forza e di autoaffermazione. Solo quando una persona ha molto di cui vantarsi, è possibile verificare se egli ha la consapevolezza del suo vero posto e del suo valore, se la sua egocentrica vanagloria possa essere messa a freno per lasciare spazio ad altre persone.

Roberto Della Rocca, rabbino

(9 giugno 2015)