Ticketless – Nostalgia d’Europa

cavaglion Vorrei unirmi a coloro che, sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche, rievocano la figura, davvero indimenticabile, di Augusto Segre. Alle parole commosse di Rav Riccardo Di Segni, dedicate alle radici piemontesi del Maestro, vorrei aggiungere un ricordo personale. Considero le “Memorie di vita ebraica”, non solo, si dimentica quasi sempre di ricordarlo, uno di quei colpi da maestro di cui era capace soltanto Renzo De Felice, che riuscì a convincere a scrivere una autobiografia chi per indole era estraneo ad ogni narcisismo letterario.
Considero scandaloso che dopo l’edizione inglese, nessun editore italiano si sia adoperato per ristampare quel libro ormai raro, ma è probabile che mi faccia velo il palese conflitto di interesse. Le pagine 35-39 di quelle Memorie presentano la figura del mio antenato schnorrer di Casale Monferrato, meglio noto come Mandulìn. Un mandolinista sul tetto del ghetto casalese. Un ritratto duro, ma venato di pietas, che ho letto più volte ai miei figli, quando gongolavano per qualche loro successo scolastico: non esaltiamoci mai troppo per i successi della vita, e non dimentichiamo mai da dove veniamo. Mandulìn suonava sì, benissimo, il mandolino, ma era un uomo senza arte né parte, generò una dozzina di figli senza avere un centesimo per tirarli su. A suo modo un sognatore, con una vena di follìa. Del sognatore e della vena di follìa non c’è da vergognarsi, bisogna andarne fieri. Negli ultimi anni della sua vita Augusto Segre da Gerusalemme mandava lettere tenerissime a mia nonna, dove evocava il mondo di ieri. Era notorio il carattere durissimo e intransigente di Augusto Segre, lo si è ripetuto in questi giorni, come del resto era spinoso il carattere di Arnaldo Momigliano e altri intellettuali sabaudi, ma quando parlavano in tarda età del loro Piemonte erano capaci di commuoversi come solo sa fare un bambino di due-tre anni. Esuli entrambi provavano quella “nostalgia del Piemonte”, che Pasolini aveva intravisto negli occhi dei giovani lavoratori italiani nel kibbutz di Baram, trasformandola in una categoria non priva di fascino -e di verità. La “nostalgia d’Europa”.

Alberto Cavaglion

(10 giugno 2015)