Valdesi, parla il moderatore Bernardini: “Minoranze e pluralismo, con Bergoglio sarò franco”
“Per la prima volta un papa esce dalla sua casa per entrare in una delle nostre. Un fatto epocale, frutto del cammino ecumenico percorso negli ultimi decenni e che sono certo saprà dare una spinta ulteriore nel presente e nel futuro”. Eugenio Bernardini (nell’immagine), moderatore della Tavola valdese, si prepara all’incontro che avrà con papa Bergoglio a Torino. Un appuntamento, quella di lunedì mattina, cui la comunità valdese guarda con forti aspettative, ma anche con la sobrietà che da sempre la contraddistingue perché, spiega il moderatore, “questo è il nostro stile”.
Mai, in otto secoli, un papa ha varcato la soglia di una chiesa valdese. Quali sono i motivi all’origine di questa svolta?
Senza dubbio i tempi sono maturati, da entrambe le parti. Perché i grandi incontri riescano, infatti, bisogna essere pronti in due. Da una parte ci sono i risultati raggiunti nel solco di un percorso comune che sta allontanando conflittualità e pregiudizi; dall’altra il fatto che il papa interpreta il suo ruolo in un modo tutto nuovo, che arriva al cuore dell’opinione pubblica. Ne ha dato prova anche poche ore fa, in qualità di primo papa a diffondere una enciclica non titolata in latino ma nella lingua di Francesco d’Assisi, la figura cui più esplicitamente si richiama nel suo magistero.
Sobrietà, come detto, è una delle parole che maggiormente ricorrono negli ambienti valdesi in queste ore di attesa. Quale altro concetto potrebbe raccontare questo incontro?
Fratellanza, sia all’interno delle identità cristiane che fuori da esse. Una sfida che è per tutte le comunità religiose, in un momento in cui alla parola ‘religione’ si accompagna spesso un’idea di esclusivismo, di paura, di oppressione, di non riconoscimento della libertà di coscienza. È arrivato il momento di invertire la rotta. I tempi tormentati che stiamo vivendo offrono una grande opportunità: quella di attivare meccanismi di collaborazione, anche trasversali, che agiscano in funzione della pace e della giustizia sociale.
Quale può essere un punto di partenza?
Il primo che mi viene in mente è l’amicizia, straordinaria e profonda, che da sempre ci lega alla comunità ebraica e torinese. Ebrei e valdesi, soprattutto in Italia, hanno infatti condiviso un percorso: ghettizzazione, emarginazione, negazione dei diritti fondamentali; quindi la conquista di libertà troppo a lungo distanti, ma anche il superamento di ostacoli che la Storia avrebbe posto nel cammino per vedere pienamente riconosciute le proprie aspirazioni.
Insieme, ebrei e valdesi hanno vissuto momenti di intensa solidarietà e di intenso confronto. E non c’è bisogno di andare troppo indietro nel tempo per averne una prova. Penso ad esempio alla stagione che portò alla stipulazione delle Intese, che ci vide al fianco nel segno del rispetto delle istituzioni che accomuna le nostre comunità, ma anche nel richiamo all’esigenza imprescindibile che lo Stato si faccia garante del pluralismo e della diversità di vedute. Temi di grande attualità, anche guardando all’incontro con Bergoglio.
Cosa dirà al papa?
Descriverò senz’altro ciò che ci unisce, ma anche le cose che ancora segnano differenze e distanze. Perché è importante parlarsi chiaro, ricordando i motivi per cui oggi siamo più vicini di ieri, ma anche gli ostacoli che ci restano da superare. Gli incontri, perchè abbiano valore, devono essere sinceri. E io sono molto fiducioso sul fatto che questo possa esserlo.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(19 giugno 2015)