Accoglienza, una sfida anche a tavola

venezia gimel garden “Questa è una tappa essenziale del percorso per una completa offerta ricettiva da parte della Comunità ebraica veneziana, anche in vista dei 500 anni del Ghetto nel 2016”. Queste le parole di Paolo Navarro Dina, consigliere con delega alla comunicazione della Comunità ebraica, intervenuto insieme ad altri membri del Consiglio alla conferenza stampa di inaugurazione del nuovo ristorante Kosher Lemehadrin “Ghimel Garden”. Presente all’evento anche rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Venezia, che ha tenuto una breve lezione sulla casherut sul significato universale che essa assume in termini anche di accoglienza al prossimo.

E di accoglienza si è parlato molto in questi giorni sui quotidiani locali a causa di un fatto accaduto in un altro ristorante del Ghetto, gestito da un membro della Comunità Chabad, dove una coppia è stata invitata a non nutrire la figlia di otto mesi con una pappina contenente grana all’interno del locale di carne.

Rav Bahbout, intervenuto negli scorsi giorni sulla questione, ha ribadito la sua posizione vis à vis con il padre della bambina, Antonello Scarpa, invitato all’inaugurazione del nuovo ristorante: “Una soluzione per l’ebraismo è sempre possibile, sarebbero bastate delle posate di plastica per risolvere la questione. Non si arriva mai a negare a qualcuno del cibo, soprattutto a un bambino così piccolo”.

Che la cucina casher abbia delle regole alimentari ben definite è noto, ma di certo è meno definibile cosa sia la cucina ebraica di cui non esiste un’unica tradizione e che risulta più simile a un caleidoscopio di sapori e profumi in cui le singole sfaccettature delle varie tradizioni si unisco in un mezzo comunicativo unico: il cibo. “Un esempio lampante – spiegano Silvye Menasché e Bruno Santi, gestori del Ghimel Garden – è rappresentato dalla gastronomia veneziana, intrisa di contaminazioni provenienti dalla cucina ebraica. Grazie ad esempio agli ebrei di origine levantina, mercanti sulla via dell’Oriente, possiamo oggi gustare la versione perfezionata, grazie all’aggiunta delle uvette, di uno dei piatti principi della cucina veneta: le sarde in saor”.

“Uno dei punti forti della nostra offerta – ha continuato Bruno – sono i dolci e le creme classiche rivisitate e arricchite da spezie e profumi mediorientali. Un motivo, quello della rielaborazione, che investe tutta la nostra cucina con piatti della tradizione reinventati in chiave contemporanea”.

Molte le idee di sviluppo per il nuovo ristorante che si propone anche come spazio eventi per serate a tema, corsi di cucina con chef ebrei internazionali e che offre già oggi, unico locale in città, il brunch domenicale.

Una giornata dedicata all’offerta gastronomica ebraica a Venezia, ma che ha ospitato un momento dedicato alla presentazione dei lavori di rinnovo della Kosher House “Giardino dei Melograni”, casa religiosa d’accoglienza della Comunità.
Di recente – spiega Gaia Ravà, consigliera con delega alla Kosher House – abbiamo rinnovato tutte le camere scegliendo come tema i fiori e le piante della bibbia. Tale scelta non è casuale, ma rientra nel progetto, in attesa di finanziamento, dei giardini segreti della sinagoga Spagnola e di quella Levantina, spazi abbandonati e di difficile recupero che verranno riqualificati e aperti al pubblico”.
Le rappresentazioni grafiche riscontrabili nelle camere della Kosher House sono state realizzate da Sally Spector, artista americana che da più di 30 anni vive e lavora a Venezia.

Michael Calimani

(25 giugno 2015)