“Basta rivalità, lavoriamo uniti”
“È arrivato il momento di mettere da parte ogni rivalità e di lavorare insieme per il bene di tutti. Affrontando i problemi, tendendo una mano a chi è in difficoltà, testimoniando quelli che sono i nostri valori e le nostre eccellenze”.
Si presenta con questi propositi Ruth Dureghello, 48 anni, imprenditrice, prima donna nella storia chiamata a guidare la Comunità ebraica di Roma, la più antica della Diaspora.
Nel segno di questo convincimento Dureghello, assessore alle scuole del Consiglio uscente, si candida così a formare un governo unitario in cui possano trovare voce e rappresentanza anche le altre liste presentatesi alle urne. E cioè, in ordine di preferenze ottenute, le formazioni “Israele siamo noi”, guidata da Fiamma Nirenstein; “Menorah” (Maurizio Tagliacozzo); “Binah” (Claudia Fellus).
La campagna elettorale ha fatto emergere alcune significative conflittualità interne all’ebraismo romano. Se l’orizzonte è quella dell’unità, come possono essere risolte?
Partirei dal riconoscimento che la diversità è una ricchezza, da valorizzare attraverso un confronto che sia sano e costruttivo. Ce lo ha indicato con parole magistrali il nostro rabbino capo e io stessa ne sono fermamente convinta. Quello che ho in mente è di sederci tutti intorno a un tavolo e di affrontare con trasparenza e professionalità le scelte che andranno fatte. Esistono idee non sovrapponibili su alcuni specifici aspetti, è naturale ed è giusto che sia così, ma le quattro le liste condividono gli stessi valori di base. E questo è un punto di partenza fondamentale.
Chi è Ruth Dureghello? Come affronta questa sfida?
Sono una persona soddisfatta, fortunata, circondata da persone che mi vogliono bene. E consapevole del fatto che non vi sia niente di più bello che adoperarsi per portare risultati alla collettività. Vivere la Comunità in un certo modo è un impegno gravoso, che porta via molto tempo e molte energie, ma le soddisfazioni che si hanno in cambio sono impagabili. Sono emozionata, è inevitabile, ma anche convinta del contributo che io, singolarmente, e la futura squadra di governo collettivamente, potremo dare a questa Comunità.
Ripercorrendo le passate esperienze in Consiglio, c’è un momento che si è impresso più di altri nella memoria?
Senz’altro l’incontro tra Gilad Shalit e i nostri ragazzi. Ricordo bene i suoi occhi e il suo volto prima di entrare. Era un po’ stordito, forse spaventato da tutto quel calore. Ne è uscito con un sorriso meraviglioso e commovente, ringraziandoci per il sostegno che questa Comunità non ha mai fatto mancare ai suoi cari durante i terribili anni della prigionia a Gaza e il nostro impegno per una più ampia sensibilizzazione internazionale sulla sua vicenda. Quella giornata resta indimenticabile, il momento più emozionante dei sette anni trascorsi come assessore alla scuola.
Quale invece il momento più difficile?
Le ore successive all’attentato alla scuola ebraica di Tolosa sono state particolarmente complesse. Anche se, purtroppo, la Comunità romana non è nuova a situazioni di questa portata e drammaticità.
Ricordo che il mio primo pensiero fu quello di fare qualcosa insieme ai nostri fratelli francesi. Pensiero da cui è poi scaturito un gemellaggio, attraverso il quale abbiamo tenuta viva la memoria di chi non c’è più ma anche intavolato una collaborazione e uno scambio culturale che sta proseguendo con successo.
La minaccia del terrorismo accomuna tutte le scuole ebraiche del mondo, ma è nostro dovere essere forti e non cedere mai alla paura e all’angoscia. La nostra Comunità ha dato una grande lezione di maturità in questo senso.
Quali sono le sfide più importanti per la Comunità? Quali i temi da affrontare con maggiore urgenza?
Sono molteplici, per certi versi indipendenti, per certi versi trasversali. C’è una crisi che morde e il lavoro che ne risente, con alcune categorie particolarmente esposte che godranno di tutto il nostro supporto. E di conseguenze c’è anche un impegno sul sociale da svolgere in continuità con quella che è stata l’esperienza, largamente apprezzata, della passata consiliatura. E naturalmente la scuola, con i programmi per il prossimo anno da predisporre al più presto. E ancora i giovani, il bilancio, l’organizzazione generale della Comunità. Tutti temi che voglio affrontare “da Ruth”.
E questo cosa significa?
Capacità di ascoltare e di sedersi al tavolo senza pregiudizi. Tanta passione. La voglia di guardare sempre avanti, come mi ha insegnato anche il mio predecessore.
E dagli altri Ruth cosa si aspetta?
Tre cose: lealtà, fiducia e rispetto.
Adam Smulevich (Pagine Ebraiche luglio 2015)
(26 giugno 2015)