Luoghi ebraici
Ripercorrendo virtualmente l’Europa orientale, sono migliaia le kehillot, le sinagoghe, le yeshivot, i cimiteri rimasti in gran parte abbandonati nella Russia Bianca, in Galizia, in Bucovina, in Bessarabia, o in Volinia. Luoghi ebraici che la Shoah con i suoi orrori, ha spazzato via insieme a milioni di vite, e il socialismo reale dopo, ha difficilmente preservato.
Da qualche settimana nel tempo libero, cerco da autodidatta con l’aiuto di foto, di numerosi siti web, di documenti ed indicazioni, di inserirli e di tracciarli su una mappa di Google – soprattutto quelli non già presenti su altre mappe online. Forse questi diverranno degli appunti personali per un futuro viaggio, o forse resteranno soltanto la bozza per un progetto amatoriale.
Un tentativo del resto vano, perché niente potrà mai ricompensare la perdita di quell’immenso universo e del deserto che ha creato. Molte delle sinagoghe, costruite in un arco di tempo che va sino dal XIV alla prima metà del XIX secolo e di indubbio pregio artistico, sono ruderi o in forte stato di decadenza, alcune sono state ridotte a stalle o a magazzini, altre sono diventate cinema, scuole o circoli ricreativi, nei casi più fortunati, specie nei paesi più ‘ricchi’ e ad Occidente – come l’Ungheria, la Polonia e l’ex Cecoslovacchia – sono divenuti piccoli musei o luoghi di memoria. Pochi gli edifici ancora in uso per comunità superstiti o risorte. Considerando che nei territori oltre la ex cortina di ferro, esclusa la Russia, vivrebbe una popolazione ebraica nucleare o allargata che va dalle 210.000 alle 820.000 persone, in stati con una politica instabile e un antisemitismo ancora latente, e con un domani ancora incerto dove si inserisce inoltre la crisi russo-ucraina. Come scrisse infine lo scrittore Edgar Hilsenrath, “The traces were still there. But time would slowly blur them and nothing would be left”.
Francesco Moises Bassano
(26 giugno 2015)