Non allontaniamoci da Israele
Il Family Day ha suscitato in me un profondo senso di estraneità e di disagio per i toni e il linguaggio usati e per la mancanza di rispetto nei confronti delle stesse persone con cui gli ebrei hanno spesso condiviso discriminazioni e persecuzioni; inoltre faccio davvero fatica a capire come ci si possa sentire danneggiati dai diritti altrui in ambiti che riguardano la sfera privata e non costano nulla alla collettività. Ma, più di tutto, mi sembra lontanissimo dall’approccio ebraico questo modo completamente ideologico di affrontare i problemi a forza di slogan e questioni di principio che sembrano non tener conto della realtà, come se le unioni civili e i matrimoni tra persone dello stesso sesso non esistessero in nessun luogo sulla faccia della terra o come se la legislazione italiana potesse concretamente permettersi di ignorare ciò che succede altrove.
È abbastanza noto che in Israele le cose stanno diversamente e sembra prevalere un approccio più pragmatico e – mi pare – più attento ai problemi pratici delle singole persone al di là dei proclami ideologici. È vero che non sono previsti matrimoni tra persone dello stesso sesso (come peraltro non sono previsti matrimoni civili di nessun genere), ma quelli celebrati all’estero trovano qualche forma di riconoscimento. Addirittura nello scorso agosto il ministro dell’Interno Gideon Saar ha stabilito che la Legge del Ritorno (che concede la cittadinanza israeliana agli ebrei che si stabiliscono in Israele e ai loro mariti/mogli e figli) includesse anche i coniugi dello stesso sesso, mettendo quindi sullo stesso piano tutti i matrimoni celebrati all’estero, eterosessuali e omosessuali.
Personalmente sono fiera di questo aspetto della realtà israeliana e lo cito volentieri nelle mie discussioni con i denigratori dello stato ebraico. Altri probabilmente hanno opinioni diverse. Tuttavia mi pare che suonerebbe un po’ paradossale chiedere in nome dell’ebraismo che in Italia siano negati ai cittadini italiani alcuni diritti che invece Israele riconosce ai cittadini israeliani.
Anna Segre, insegnante
(26 giugno 2015)