La corte suprema apre ai gay. Le reazioni del mondo ebraico
Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Elena Kagan. Il voto dei tre componenti ebrei della Corte suprema degli Stati Uniti si sarebbe rivelato determinante nella storica sentenza che estende il riconoscimento del matrimonio omosessuale a tutti gli Stati che non la prevedono nel loro ordinamento giuridico questa possibilità. È l’interpretazione che trapela da ambienti politici di Washington in queste ore.
“L’amore vince” ha scritto sul proprio profilo Twitter Barack Obama. Un sentimento condiviso da molteplici associazioni ebraiche, con l’83 per cento degli ebrei americani (la fonte uno studio realizzato lo scorso anno dal Public Religion Research Institute) che si è detto favorevole al riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso. Un dato che va ben oltre la media nazionale, 53 per cento, e che vede nell’ebraismo a stelle e strisce l’identità religiosa più marcatamente “pro”. Seguono in graduatoria i bianchi protestanti (62 per cento), i bianchi cattolici (58 per cento), i cattolici di origine ispanica (56 per cento). Fanalino di coda invece i protestanti afroamericani (35 per cento) e i bianchi di ispirazione evangelico-protestante (27 per cento).
“Da 109 anni l’American Jewish Committee si batte per la libertà e per la difesa dei diritti civili. Oggi è un giorno di festa” si legge in una nota dell’Ajc, tra le più antiche associazioni ebraiche statunitensi. A corredo del messaggio, diffuso anche attraverso i social network, una emoticon che raffigura un cuore che porta i colori dell’arcobaleno, celebre bandiera del movimento omosessuale.
Soddisfazione è espressa anche dall’Anti-Defamation League, organismo in prima linea contro ogni forma di discriminazione che ha portato in queste ore sui media la voce di tredici associazioni ebraiche legate al mondo reform e conservative. “La tradizione ebraica ci ricorda che tutte le figure sono create a immagine e somiglianza del Signore e che il matrimonio è una responsabilità sacra, non solo all’interno della coppia ma anche nel rapporto della stessa con una comunità di individui più estesa” scrivono in una nota congiunta i rabbini dell’assemblea conservative d’America.
Contrarietà è stata invece espressa dal mondo ortodosso, più volte intervenuto pubblicamente contro provvedimenti che contemplassero unioni diverse dalla ‘famiglia tradizionale’. “Non abbiamo intenzione di imporre i nostri principi religiosi agli altri, ma crediamo che l’istituto del matrimonio sia centrale nella formazione di una società prospera e che metterne in discussione i cardini porterebbe a un degradamento della stessa” si legge in una nota condivisa alcuni mesi fa da sigle come Agudath Israel, Nation Council of Young Israel, Orthodox Union e Rabbinical Council of America.
Poche ore dopo la sentenza la Union of Orthodox Jewish Congregations of America ha comunque sottolineato: “L’ebraismo dice chiaramente che l’unico matrimonio possibile è quello tra uomo e donna: le nostre convinzioni restano dunque inalterate. Allo stesso tempo però ci è stato insegnato a rispettare ogni individuo e a condannare con forza qualsiasi forma di discriminazione”.
Il pronunciamento della Corte ha suscitato molteplici reazioni anche in Israele, l’unico paese del Medio Oriente in cui la comunità omosessuale può vivere ed esprimersi liberamente.
A testimoniarlo sono le molte migliaia di gay che, da tutto il mondo, prendono parte al Pride di Tel Aviv o ad altre occasioni di incontro organizzate nel corso dell’anno.
E se le parole di soddisfazione dei partiti di centrosinistra e progressisti potevano apparire scontate, meno lo sono quelle di un esponente politico della corrente opposta: Moshe Yaalon, ministro della Difesa dello Stato ebraico, che ha commentato: “Ogni individuo, a prescindere dall’orientamento sessuale, ha il diritto di sposarsi e avere dei figli. Mi auguro che anche altri paesi, compreso Israele, seguano la strada degli Stati Uniti”.
a.s twitter @asmulevichmoked
(28 giugno 2015)