diritti…

Ritengo che le fonti classiche della letteratura rabbinica non affermino specificamente che un’attrazione personale e interiore omosessuale sia intrinsecamente peccaminosa, anche se considerata innaturale. Tuttavia, è bene sottolineare che colui che abbia praticato rapporti omosessuali lasciando che le sue attrazioni innaturali trovino il loro compimento, è responsabile davanti a D-o per le sue azioni.
Se però egli fa Teshuvah (pentimento), ad esempio cessando le azioni immorali, pentendosi di quello che ha fatto, scusandosi personalmente con D-o, promettendo di non ripetere mai più tali comportamenti, egli può essere perdonato da D-o (in modo simile a tutte le altre trasgressioni).
In quest’ottica, nessun’etica edonistica, anche se chiamata ‘amore’, può giustificare l’omosessualità più di quanto possa legittimare l’adulterio o l’incesto, per quanto questi atti possano talvolta essere genuinamente interpretati come ‘amore e consenso reciproco’. Da questo punto di vista quindi è possibile considerare l’omosessuale ebreo come si considera un ebreo che non sia osservante in qualsiasi altra maniera, come, ad esempio, un ebreo che guidi il giorno del Shabbat, o colui che non segua le prescrizioni della casherut, ecc… Nello stesso tempo però, non si istiga una ‘caccia alle streghe’ contro coloro che sono già singoli membri di una comunità. Si afferma quindi con vigore la tradizionale prescrizione per l’eterosessualità dal punto di vista Halakhico, ma nello stesso tempo non ci si oppone alla piena parità civile per gay e lesbiche nella società civile, nella vita nazionale e istituzionale, in una dimensione puramente secolare.

Paolo Sciunnach, insegnante

(29 giugno 2015)