Harry Potter, per le gelatine
servirebbe una benedizione
La manna biblica che gli israeliti mangiarono durante le loro peregrinazioni nel deserto era esattamente come le Gelatine Tutti Gusti + 1 di Bertie Bott, uno dei più apprezzati dolciumi della saga di Harry Potter.
Quando essa è citata per la prima volta, il suo gusto è descritto come “tsapihit nel miele” (Esodo, 16:31). Ahinoi, la parola “tsaphihit” compare una sola volta nella Torah e il suo significato rimane un mistero. Più avanti, si torna nuovamente sulla manna, sul suo aspetto, sulla preparazione per il suo consumo, ma ancora una volta la descrizione rimane vaga (Numeri 11:7).
I Saggi attribuiscono a questa fonte di sostentamento proprietà magiche, suggerendo che la manna potrebbe assumere praticamente ogni sapore. Nei versi che immediatamente precedono la sua descrizione, gli ebrei si lamentano: “Se soltanto avessimo carne da mangiare! Ricordiamo il pesce che usavamo consumare senza restrizioni in Egitto, i cetrioli, i meloni, i porri, le cipolle, l’aglio. Ora il nostro stomaco è raggrinzito. Non c’è nulla di nulla. Nulla se non la manna!” (Numeri 11:4-6).
I rabbini spiegano perché questi cinque tipi di vegetali sono citati nello specifico. Secondo una prima opinione, la manna poteva avere qualunque gusto tranne quelli elencati. Secondo una diversa opinione, non solo la manna assumeva il sapore di qualsiasi sostanza, ma anche la sua consistenza, con le cinque eccezioni menzionate, di cui si poteva sì percepire il sapore, ma non la consistenza (Talmud babilonese, Yoma, 75a).
Dunque, secondo la tradizione ebraica la manna è davvero “tutti i gusti”, inclusi cioccolato, menta, marmellata, spinaci, fegato, trippa, e presumibilmente persino cerume. E se da un lato c’erano le cinque eccezioni, dall’altro essa presentava un chiaro vantaggio sulle gelatine marca Bertie Bott: il sapore si poteva scegliere. Chi si ritrovava con la manna al gusto di caccola o vomito non aveva che da biasimare se stesso!
L’esistenza della manna tutti gusti più uno solleva però una questione: qual è la berakhah, benedizione, appropriata da recitare su questo cibo magico?
La prima risposta è registrata in un manoscritto tedesco del XIV secolo del Sefer Hasidim: “Sulla manna pronunciavano la benedizione ‘[Benedetto sii Tu, o Signore, Re dell’universo] che dà il pane dal Cielo”. Le berakhot prima dei cibi seguono una formula standard. Aprono con le parole “Benedetto sii Tu, o Signore, Re dell’universo” e continuano con il riferimento al tipo di alimento che sarà ingerito. L’enunciazione della seconda parte è solitamente ripresa dalla Torah: alla manna ci si riferirebbe dunque attraverso il suo soprannome biblico – “pane dal Cielo” (Esodo 16:4, Salmi 78:24; 105:40, Neemia 9:15). Un altro studioso a occuparsi della questione fu il prolifico autore italiano rav Menahem Azaria da Fano (1548-1620). In un lavoro pubblicato nel 1863, egli descrive il pasto celebrativo della Fine dei Giorni, che includerà un vasetto di manna del deserto, preservato espressamente per l’occasione. Quale la benedizione? “Benedetto sii Tu (…) , che offri il pane dal cielo”. Presumibilmente, il rav non aveva accesso al Sefer Hasidim, dunque arrivò a elaborare quest’opinione in modo indipendente.
La domanda è posta di nuovo in Galizia, come riferito da rav Tsevi Elimelekh Shapira (1783-1841). Egli ricorda che rav Tsevi Hirsh Eichenstein di Żydaczów (1763- 1831) chiese quale benedizione andasse recitata sulla manna. Uno studente suggerì che non ne era necessaria alcuna! Secondo la tradizione mistica, ogni cosa fisica ha un elemento di divinità, senza il quale non esisterebbe. In questa prospettiva, recitare una benedizione estrae il divino da ciò che è terreno. La manna non contiene alcuno scarto, è interamente divina. Di conseguenza, niente benedizione!
Il grande studioso di Bagdad rav Yosef Hayim (1834-1909) non approvava questo approccio. Secondo lui, le benedizioni sono anche una forma di ringraziamento per l’abbondanza concessa da Dio. E sicuramente per la manna l’Onnipotente era da ringraziare! Il rav suggerisce dunque una soluzione leggermente diversa. “Benedetto Tu (…) che fai piovere il pane dal Cielo”. Infatti, la manna scendeva dal cielo e in due passaggi biblici viene usato lo stesso verbo riferito alla pioggia (Esodo 16:4, Salmi 78:24).
In Polonia, il rav Meir Don Plotzki (1867-1928) propose che sulla manna si recitasse la stessa berachà dei vegetali, poiché la Torah descrive gli israeliti nell’atto di andare a raccoglierla (Esodo 16:4-5, 16-18, 21-22, 26-27). Plotzki spiega che il verbo “raccogliere” è usato quando c’è un legame diretto con il suolo: la manna dunque doveva essere stata cresciuta in qualche modo da esso, perciò andava detto “Benedetto Tu (…) che hai creato il frutto della terra”.
Mentre non possiamo determinare con certezza la benedizione per la magica manna, guardare all’ampiezza di questi ragionamenti ci ricorda che la tradizione ebraica riserva spazio per il pensiero creativo e la fantasiosa esplorazione di mondi diversi. Mondi come la realtà incantata di Harry Potter.
Levi Cooper, rabbino Pardes Institute of Jewish Studies
Pagine Ebraiche luglio 2015, Dossier Magia
(5 luglio 2015)