In ricordo di Luca Rastello

claudiovercelli Luca Rastello, scrittore, giornalista, grande pubblicistica e notevole talento letterario, è venuto mancare. Già ne è stato scritto su questa newsletter. Un ricordo, malgrado tutto, è giusto ancora tributarglielo, benché non si sia occupato specificamente di ebraismo ma moltissimo di minoranze. Peraltro, la sua morte è avvenuta pochissimi giorni dopo il ricorrere del ventennale di quella di Alex Langer. Due figure, per alcuni aspetti, similari. Rastello è stato uno dei maggiori narratori della ‘guerra in casa’, ossia alle nostre porte, nella ex Jugoslavia. Tuttavia il giornalismo d’inchiesta, quello autentico, non la fuffa da talk show di certi ‘specialisti’ che parlano di tutto per dire nulla, era la sua autentica passione. Che traslava in un racconto continuo, il quale si faceva letteratura viva, senza per questo diventare narrazione fantasiosa. È il reale, sembrava volerci dire, che riesce a superare le nostre più vivaci ipotesi e le nostre peggiori congetture. “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”, chiosava il Bardo. Non di meno, il suo stile era, alla prova dei fatti, sobriamente disincantato rispetto alle mitologie di cui ancora molti vanno perennemente alla ricerca, animati dal bisogno di autoingannarsi. Concedeva poco o nulla a costoro, semmai sferzandoli per i loro luoghi comuni. Con una scrittura densissima, qualcosa che prometteva, se la malattia non se lo fosse portato via anzitempo, a poco più di cinquant’anni, quei legittimi riconoscimenti pubblici che, per parte sua, peraltro mai è andato cercando se non attraverso la rete di amicizie e la grande stima da molti espressagli. Non essendo ‘animale da palco’ ma piuttosto biografo dei tempi comuni, come tale, soprattutto per una generazione incompiuta, come quella dei venuti al mondo negli anni Sessanta, ha raccontato lo straniamento progressivo di chi è nato troppo presto per considerare la politica qualcosa di inessenziale e troppo tardi per poterci continuare a credere fino in fondo. Mai, tuttavia, si è permesso di buttarla sul cinico o sul sarcastico, sapendo che sono entrambe malattie dello spirito e non risposte di merito. Soprattutto, ha conosciuto e demistificato le guerre civili contemporanee, così come l’ipocrisia di certe élite che, dicendo di parlare per tutti, promuovono solo se stesse. Un libro come “I buoni” è un fondamentale vademecum rispetto al marketing dei ‘grandi sentimenti’, del ‘merchandising politico’, della militanza ingenua e anche indifesa, delle aspettative catartiche affidate a personaggi che rischiano di rivelarsi qualcosa di simile a dei santoni laici, così come di quei gruppi corporati che tutelano solo le proprie posizioni di interesse. Abrasivo come lo può essere unicamente un testo che ti dice che devi invece imparare a camminare da solo, con le tue gambe, poiché maître à penser, soloni e narcisi parlano di ‘collettività’ pensando che coincida esclusivamente con la propria persona. Costruendoci sopra, infine, un vero mercato del sentimento politico e umanitario. Luca ci ha detto che spesso, ai bivi delle nostre esistenze, possiamo rimanere soli, cosa che ci angoscia. Ma che la nostra solitudine può essere il punto di partenza non di una nostalgia senza rimedio bensì della capacità di congedarci da una parte di noi stessi per diventare qualcosa d’altro. Non si tratta di rinnegare e neanche di rimuovere ma di capire che ci sono stagioni dell’esistenza le quali, come tali, vanno affrontate con la giusta dose di disincanto, senza cadere nella malattia del qualunquismo. Che riposi in pace, dunque, e che la terra gli sia lieve. Noi cercheremo di proseguire il suo lavoro, sia pure con la modestia che vogliamo che ci appartenga. Addio Luca. Hai scritto alcuni tra i libri più importanti dei nostri anni. Il fatto che il tuo congedo fosse possibile da già tempo non lo rende per nulla meno doloroso. Soprattutto, mancherà la tua voce, di fraterno ‘orso’, così inserito nello spirito del nostro tempo da tenerti, a volte, a distanza di sicurezza.

Claudio Vercelli

(9 luglio 2015)