Periscopio – Negoziati

lucrezi L’attenzione dei giornali di tutto il mondo è stata catturata, negli ultimi giorni e nelle ultime ore, da due eventi – quali i negoziati sul debito greco e sul nucleare iraniano – che, al di là delle notevoli differenze, sembrano presentare anche delle evidenti analogie. Difficile pronunciarsi nel merito dei particolari tecnici delle due trattative, che richiederebbero specifica competenza in materia di economia, politica monetaria, fissione nucleare ecc. Qualcosa si può certamente dire, però, sul piano politico, mediatico e psicologico.
Comincerei da una disamina delle analogie tra i due accadimenti, per poi passare alle differenze.
In entrambi i casi c’è un gruppo di soggetti, autoproclamatisi rappresentanti (per dirla in greco, oggi molto di moda) del mondo dei “kaloikagathòi”, dei “belli e buoni”, che cercano di ‘mettere in riga’ uno scolaro un po’ discolo e disobbediente, ma non irrecuperabile, di cui si discute se debba essere bocciato, promosso o rimandato a settembre. In ogni classe che si rispetti c’è sempre uno studente difficile, basti pensare a Franti, in “Cuore” di De Amicis.
In entrambi i casi, inoltre, pare che la trattativa non sia tanto tra il discolo e i suoi esaminatori, quanto all’interno dello stesso collegio dei docenti, nel quale sembra regnare grande diversità di vedute, valutazioni e prospettive. I professori non sono affatto amici tra di loro, anzi, in molti casi, sembra che si tengano apertamente sulle scatole gli uni con gli altri. Alcuni sembrano perfino segretamente sperare che Franti butti in faccia a qualche loro collega un bel calamaio di inchiostro, anche se non lo possono dire.
Veniamo ora alle differenze. Tra queste, onestamente, non mi pare di scorgere una vera diversità nell’oggetto delle trattative, perché, sotto sotto, si parla di cose sostanzialmente simili. In un caso, infatti, si deve decidere se sia meglio cercare di fare ancora un po’ di credito al debitore insolvente, sperando di riavere almeno una parte dei soldi prestati, o non sia invece preferibile mandarlo a quel paese e mettere una croce sui crediti elargiti in passato, almeno evitando di perdere altri soldi in futuro. Nell’altro, si discute se e in che modo riprendere a fare affari col reprobo, allentando quelle sanzioni che tanto fanno indispettire le imprese dei “kaloikagathòi”, che non capiscono proprio perché non si possa tornare a intascare un bel po’ di petrodollari anche da quella parte.
Insomma, su un tavolo come sull’altro, sostanzialmente, si parla della stessa cosa, ossia di soldi.
Una differenza molto forte, invece, pare sussistere sul piano della durezza della trattativa e della cordialità dei rapporti tra i contraenti.
In un caso, infatti, Franti pare essere stato preso di punta da una serie di ‘duri’ che, guardandolo in cagnesco, gli ordinano di posare sul tavolo, con gli interessi, tutto il maltolto, fino all’ultimo euro, o di levarsi di torno. Un atteggiamento tanto severo che dicono che il poverino si sia dovuto levare la giacca, offrendola in pegno ai suoi inflessibili interlocutori. Pare che ci sia pure qualche cosiddetta ‘colomba’, che invita alla misericordia, ma la sua voce si sente poco.
Nell’altro caso, invece, niente di tutto questo. Abbondano i sorrisi, le dichiarazioni di ottimismo e di buona volontà, le rassicurazioni sulla bontà dell’accordo raggiunto. Nessuna differenza tra falchi e colombe, sono tutti colombe (anche se, come abbiamo detto, non sono affatto amici tra di loro: ma su questa cosa vanno tutti d’accordissimo). Se qualcuno, sottovoce, avesse osato bisbigliare a Franti, tra un pasticcino e l’altro, “caro scolaro, quando Lei ha detto che avrebbe ucciso quel nostro collega, stava scherzando, vero?”, si sarebbe beccato subito occhiatacce di rimprovero dagli altri, seccati dalla sgradevole ‘gaffe’, e un bel calcio negli stinchi, sotto il tavolo, dal vicino di sedia. E, a riunione conclusa, e promozione accordata, gli sarebbero saltati tutti addosso: “sei pazzo? stavi mandando tutto all’aria. E, poi, che t’importa se Franti vuole ammazzare qualcuno? sono fatti suoi”.
Ma non c’è nessun pericolo, nessuna ‘gaffe’ ha turbato l’armonia delle belle giornate, Franti non ha dovuto sfilarsi nessuna giacca. Anzi, nessun pugnale.

Francesco Lucrezi, storico

(15 luglio 2015)