Periscopio
Il saluto dal trono
Francamente, non credo che la famiglia reale britannica abbia fondate ragioni per protestare contro il giornale di Rupert Murdoch The Sun, che ha reso visibile al pubblico un breve filmato del 1933, nel quale si vede la futura regina Elizabeth – all’epoca una bimba di sette anni -, insieme alla futura regina madre e alla sorella Margaret, intenta a imparare dallo zio Edward – che, com’è noto, divenne poi re nel 1936, per abdicare dopo meno di un anno – come fare il saluto nazista.
La Gran Bretagna, a Dio piacendo, è un Paese democratico, nel quale la libertà di informazione è pienamente tutelata, e sono passati i tempi in cui la persona del sovrano era ammantata di sacralità, e la sua immagine non era accessibile ai sudditi se non nelle forme e nei limiti stabiliti dalla stessa istituzione monarchica. Nessuna persona di buon senso accuserebbe Elizabeth per quel suo gesto di bambina, e lo stesso Edward, in considerazione della data dell’episodio, potrebbe essere perdonato per quella discutibile lezione, se non avesse avuto modo, in seguito, di dare ampia prova delle sue simpatie naziste, che conferiscono invece al filmato un significato inquietante.
Anche se le intenzioni del Sun possono fare pensare, probabilmente, più che a un reportage storico, a un ‘gossip’ o a un’operazione scandalistica, non c’è dubbio che quelle immagini rivestano un importante significato documentale, ed è un bene che se ne sia venuti a conoscenza. Perché esse, più di tanti saggi storiografici, danno il segno tangibile di come il nazismo, nonostante le chiarissime idee del suo fondatore, ampiamente pubblicizzate molto tempo prima della sua presa di potere, avesse esercitato, da subito, una straordinaria forza di suggestione anche al di fuori della Germania, catturando la simpatia, in tutta Europa, e anche in America, di masse di diseredati, borghesi frustrati, intellettuali radicali, ricchi annoiati, e perfino di aristocratici dal purissimo sangue blu: tutti ammaliati da quella parola dura, sferzante, “senza se e senza ma”, che sembrava così facile da accogliere, da replicare, da emulare. Proprio come quel gesto – netto, veloce, intrigante – che il raffinato Edward volle insegnare alla cognata e alle nipoti, non già per fare di loro delle naziste, ma per renderle in qualche modo partecipi, per gioco, del nuovo vento che spirava dalla vecchia Europa, e che prometteva di portare, in tutto il mondo, delle dirompenti novità.
Il mondo e i valori che quel gesto simboleggiava sarebbero entrati, sei anni dopo, in drammatico urto col mondo e i valori del Regno Unito, che per la loro sconfitta ha duramente ed eroicamente combattuto. Ma ciò non si sapeva nel 1933, e non è detto che quello scontro fosse, in ogni caso, inevitabile. Cosa sarebbe accaduto, infatti, se, sciaguratamente, Edward fosse rimasto sul trono, e fosse riuscito a mantenere il suo Paese fuori dalla guerra (che, questo è assolutamente certo, sarebbe in ogni caso scoppiata)? Nessuno può dirlo. Viene alla mente l’inquietante romanzo di Philp Roth, Complotto contro l’America (ed. Einaudi), in cui lo scrittore immagina il filonazista Lindbergh diventare presidente degli Stai Uniti, e sospingere il suo Paese verso una deriva razzista e totalitaria.
Non è vero che, come si diceva un tempo, la storia non si fa con i ‘se’. Al contrario, come la migliore storiografia contemporanea insegna, suo compito principale è proprio quello di mettere davanti agli uomini non solo gli scenari che si sono realizzati, ma anche quelli che avrebbero potuto verificarsi, se qualche cosa fosse andata in un modo diverso. Il filmato della piccola Elizabeth ci fa sfiorare, con un brivido, una realtà che non c’è stata, ma che avrebbe potuto esserci, e la cui concretizzazione, che oggi può sembrare assurda, avrebbe invece potuto avvenire, forse, facilmente. Così come è facile, per una bambina di sette anni, tendere verso l’alto il braccio destro, per compiacere uno zio poco raccomandabile.
Francesco Lucrezi, storico
(22 luglio 2015)