Qui Trieste – Redazione aperta
I conflitti e l’educazione alla pace
Tra le mete di Redazione aperta, il laboratorio giornalistico UCEI organizzato con il supporto della Comunità ebraica triestina, il Museo della guerra per la pace istituito nel nome di Diego de Henriquez, eccentrico collezionista che ha trascorso la sua vita ad accumulare cimeli di ogni sorta, in particolare armi e mezzi pesanti dei due conflitti mondiali. Insieme alla redazione il segretario generale dell’Unione Gloria Arbib, lo scrittore Veit Heinichen, il giornalista e scrittore Alessandro Marzo Magno. Lo studio attorno a questo personaggio collima, per Heinichen, con la pubblicazione nel 2006 di un romanzo noir, Le lunghe ombre della morte, dove le vicende di Diego de Henriquez si intrecciano con quelle di un altro personaggio della Trieste del XX secolo, il professor Perusini, accumunati da una fine incerta, il primo trovato senza vita nel suo magazzino dopo un incendio, il secondo morto per mano di un assassino.
Il complesso museale è stato recentemente esposto a un processo di rinnovamento: l’obiettivo è quello di aumentare il numero di padiglioni ristrutturati in modo tale da riunire in un unico spazio tutti i materiali e gli oggetti raccolti da Henriquez.
L’amministrazione cittadina inizia a collaborare con lo stesso Henriquez per la realizzazione del museo a partire dal 1969. Già il nome del museo è significativo: l’intento del collezionista era infatti quello di educare alla pace. Oltre alla parte di oggettistica, Henriquez lascia un’ingente quantità di materiale documentario: un archivio fotografico, una biblioteca di dodicimila volumi e la diaristica, in particolare 287 diari scritti di proprio pugno; questi ultimi vanno considerati un’importante fonte storica per ricostruire la cronaca di Trieste nel corso dei due conflitti mondiali fino alla Guerra Fredda. I diari contengono dati e informazioni riguardo a fatti di cronaca anche scomodi o delicati come la deportazione. In particolare nei diari 65 e 75 sono contenute le trascrizioni dei graffiti della Risiera di San Sabba. Lo stesso Henriquez le trascrisse nel 1950, prima che si decidesse di ridipingere le pareti degli edifici. In sostanza questi due diari costituiscono l’unica fonte sui graffiti della Risiera. Risulta ancora poco chiaro il perché non si sia optato per delle fotografie e per quale ragione si sia deciso di imbiancare le pareti così da perdere qualsiasi traccia di testimonianza diretta.
Lo stesso Veit Heinichen, osservatore acutissimo delle vicende triestine, non poteva non rimanere impressionato dalla figura travagliata e quasi ossessionata di Henriquez e dalla lettura dei suoi diari. Erano scritti in italiano, con una calligrafia molto chiara: “Voleva essere letto”. Le ricerche condotte dallo scrittore proseguono per sette anni, al termine dei quali viene realizzato dalla Rai un documentario televisivo sulla figura di de Henriquez, nato nel 1909 e morto il 1974.
Sulla vita e sulla stessa morte di Diego de Henriquez è rimasta un’ombra di mistero ed è proprio questo, dichiara lo scrittore, ad averlo spinto verso questo personaggio attorno al quale circolano ancora molte leggende. In sostanza c’è ancora molto da scrivere proprio perché abbiamo a che fare con una quantità di materiale inesauribile. L’attrazione esercitata da Henriquez è strettamente legata alla sua stessa città, Trieste, il crocevia di popoli e culture che la rendono non tanto una specifica città, ma nel suo complesso uno specchio per le vicende dell’Europa intera.
Alice Fubini
(23 luglio 2015)