Le scelte sul gas israeliano

aviram levy 2Nei mesi scorsi si è di nuovo infiammato il dibattito politico in Israele sulla questione dei diritti per l’estrazione di gas dai giacimenti scoperti nel 2010, a pochi chilometri dalla costa di Haifa. Il primo ministro Netanyahu, per recepire una raccomandazione dell’antitrust, ha assegnato i diritti per lo sfruttamento del giacimento Leviatan congiuntamente a una società americana (Noble Energy) e a una israeliana (Delek), e per questo è stato criticato duramente da diversi settori della politica e dai media. Come si spiega questa polemica rovente e qual è la posta in gioco?
A infiammare gli animi sono due terreni scivolosi sui quali i leader politici di tutti i paesi si muovono sempre con difficoltà. Il primo campo minato è la necessità di contemperare le esigenze da un lato delle società petrolifere, che devono effettuare investimenti ingenti per tanti anni e pretendono un ritorno in termini di garanzie sui proventi dell’estrazione di gas, dall’altro lato le giuste richieste dell’opinione pubblica che vuole che le ricchezze naturali del paese vadano ad arricchire cittadini e contribuenti e non le società petrolifere straniere.
Proprio per rispondere a queste preoccupazioni dell’opinione pubblica, ossia per assicurare che almeno in parte i proventi dell’estrazione resteranno in Israele, nei mesi scorsi Netanyahu aveva affiancato alla americana Nobel anche l’israeliana Delek. Ma qui si è aperta una nuova polemica e Netanyahu è scivolato su un secondo campo minato in cui spesso i politici inciampano: quello dei legami pericolosi tra politici e imprenditori, in particolare imprenditori titolari di concessioni pubbliche. La società petrolifera israeliana Delek è infatti di proprietà dell’imprenditore miliardario Ytzhak Tshuva, notoriamente in rapporti di amicizia stretta con Netanyahu. La scelta di Delek e di Tshuva ha toccato un altro nervo scoperto dell’opinione pubblica israeliana: L’eccessiva concentrazione del potere economico nelle mani di pochi imprenditori. Una delle anomalie dell’economia israeliana che era emersa in seguito alle manifestazioni del “popolo delle tende” nel 2011 contro il caro-vita era la mancanza di concorrenza nel settore dei servizi (grande distribuzione alimentare, banche, assicurazioni, carburanti, etc.): come è noto, una decina di famiglie di imprenditori miliardari controlla buona parte delle società quotate al mercato azionario di Tel Aviv. La nefasta conseguenza di questo “quasi monopolio” è un livello dei prezzi al consumo più alto che in Europa (e redditi familiari più bassi).
In conclusione, Netanyahu si trova in una situazione difficile, in cui deve soddisfare esigenze contrapposte e deve farlo rapidamente perché in attesa delle decisioni del governo le trivellazioni si sono fermate.

Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Agosto 2015

(24 luglio 2015)