Rossi-Doria in Campidoglio
“Il mio Tikun per la scuola”

Marco Rossi Doria - Giorgio AlbertiniNon si smentisce, Marco Rossi-Doria, e inizia il suo mandato come assessore alla Scuola e allo Sviluppo delle periferie del Comune di Roma dichiarando “Sarò un assessore di strada: andrò in giro a parlare con le persone”. Prima di diventare Sottosegretario all’Istruzione – ruolo ricoperto nei governi Monti e Letta – Rossi-Doria è stato maestro elementare e soprattutto maestro di strada, una scelta coerente con quella vena di impegno sociale trasmesso in famiglia di padre in figlio: dal nonno Tullio, uno dei primi medici a occuparsi di medicina sociale e medicina delle donne, al padre Manlio, meridionalista, docente di Politica e economia agraria e amico fraterno di Emilio Sereni, insieme a cui fu arrestato per la sua attività antifascista.
Intervistato nel 2012 da Pagine Ebraiche, aveva tenuto a raccontare le radici profonde di un impegno che coniuga da sempre il rigore e la precisione di un vero tecnico della scuola con la passione, e con la fantasia: “La teoria mi supporta e mi accompagna, così come l’esperienza di tutti questi anni, da quelli passati a fare il maestro di strada – scelta anomala rispetto alle tradizioni della mia famiglia – agli anni più recenti in cui ho avuto ruoli più istituzionali, fino ad oggi. Non posso però dimenticare un concetto fondamentale legato alla storia della mia famiglia e alle mie radici ebraiche, che sento prepotentemente tornare e che mi ha sostenuto in tutto il mio percorso. Si tratta dell’ideale del Tikun, l’idea di riparare, di restaurare il mondo. Nella scuola, con la scuola, possiamo davvero farlo, possiamo far diventare il mondo un luogo migliore. Per noi e per i nostri figli, e per i nostri nipoti. Di generazione in generazione.”
Un’impronta forte, ereditata dalla madre Anne Lengyel, naturalizzata americana dopo essere giunta a New York su una delle ultime navi sfuggite agli u-boat tedeschi, per poi arrivare in Italia nel 1946. Un’altra storia tutta da raccontare: suo padre Melchior – nonno del neonominato assessore – era quel drammaturgo e sceneggiatore ungherese che tra gli altri successi nel 1934 firmò “Ninotchka”, da cui l’amico Ernst Lubitsch trasse l’indimenticabile film con Greta Garbo. Ma con Lubitsch scrisse anche “Angel”, interpretato da Marlene Dietrich, e “To be or not to be”, del 1942. Erede di famiglie di grande cultura e impegno, radici mitteleuropee, Marco Rossi-Doria ha una eleganza rilassata che lo caratterizza da sempre con immancabile la cravatta, presente – come scritto su Pagine Ebraiche – sin da quando, giovanissimo maestro di strada, non mancava mai di indossarla “Perché non puoi chiedere a un tuo alunno di essere responsabile, se tu sei il primo a negare la tua età”. Ma il taglio perfetto dei pantaloni contrasta tuttora con le scarpe “che mostrano suole provate da tanti passi e poche auto blu, anch’esse a riprova del fatto che lo spirito del maestro di strada non si è perso per i corridoi del ministero, e che camminare fra la gente deve ancora essere parte della vita di un uomo di governo.”
A Napoli, nel 1994, oltre a dedicarsi all’insegnamento ha partecipato al lavoro di strada con bambini e adolescenti dei Quartieri Spagnoli con doposcuola, laboratori creativi, la costruzione di una rete integrata nella prospettiva dello sviluppo locale e partecipativo, l’avvio di percorsi scuola-lavoro, fino alla nomina – del ministro Berlinguer – a primo maestro di strada d’Italia, e la fondazione a Napoli, sulla base di questa esperienza, del progetto Chance-Scuola pubblica di seconda occasione. E i suoi percorsi si esplicitano nelle sue prime dichiarazioni di ieri: “Attraverso la scuola possono essere rilanciate anche le periferie, perché ci sono i bambini e tutti quelli che ci lavorano. Questa è una grande e inaspettata responsabilità che condurrò con impegno e dedizione, in coerenza con la mia storia professionale: scuola, formazione e periferie sono tre parole chiave sulle quali mi sono a lungo impegnato e lavorerò per favorire reali miglioramenti nella vita quotidiana dei cittadini romani”.
Forte anche di numerose esperienze internazionali – oltre a Roma e Napoli ha insegnato negli Stati Uniti e poi in Kenya, a Nairobi, e a Parigi – nel 2006 Rossi-Doria è stato candidato sindaco a Napoli, ma ha anche a lungo collaborato con Tullio De Mauro.
Nel 2012, quando era Sottosegretario all’Istruzione, alla domanda posta da Pagine Ebraiche sullo stato della suola italiana aveva risposto, dopo aver lungamente riflettuto, in uno dei suoi caratteristici silenzi: “Non è una risposta semplice. Possiamo iniziare ricordando che nel 1967, quando eravamo nel pieno del boom economico don Lorenzo Milani pubblicò quella Lettera a una professoressa, che conteneva un monito, severo e profetico: ‘La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde’. In quel libro i dati mostravano come la classe sociale dei genitori determinasse in larghissima misura il successo o l’insuccesso scolastico. Oggi è ancora così: sono in genere i figli dei poveri a fallire a scuola. E sono tanti: quasi il venti per cento del totale dei nostri ragazzi.” Ma, continuava, la scuola non sta molto male: “È in trasformazione e ha nuove funzioni di guida rispetto ai giovani, siamo dentro una crisi che è anche crisi di modelli educativi. Guidare i giovani all’apprendimento e a misurarsi con se stessi e con il mondo in generale è un’esperienza esaltante, e resto convinto che la scuola possa almeno in parte cambiare i disequilibri sociali. In tutto il mondo e anche in Italia l’istruzione continua a essere il principale fattore di contrasto delle diseguaglianze e non bisogna dimenticare che chi riesce a scuola ha più possibilità di miglioramento rispetto alla condizione di vita dei propri genitori.” Perché “La scuola deve saper presidiare i limiti e le regole ma deve anche saper ascoltare. A scuola non si va solo per apprendere: le scuole devono essere in grado di interagire con tutto quello che arriva dal mondo esterno.”
Autore di numerosi volumi, tra cui “La scuola deve cambiare”, con Anna Maria Ajello, Paola Di Cori, Lucia Marchetti e Clotilde Pontecorvo (L’Ancora del Mediterraneo, 2002) e “Di mestiere faccio il maestro” (L’Ancora del Mediterraneo, 2009), ha recentemente pubblicato, per le Edizioni dei Gruppo Abele “La scuola è mondo”, con Giulia Tosoni, che ha lavorato nello staff di Rossi-Doria dal 2011 al 2014. Il sottotitolo, “Conversazioni su strada e istituzioni” riporta alla strada, ed è rivelatore del viaggio di Marco Rossi-Doria nella scuola: “Quando uno fa l’insegnante, in particolare se fa il maestro elementare, l’aspetto prevalente del mestiere riguarda la quotidianità della relazione educativa e dell’apprendimento dei bambini: come stanno, a quali azioni e rituali partecipano, quali operazioni mentali, fisiche e emotive svolgono con gli altri e da soli, che cosa e come imparano. Ti svegli la mattina, vai a scuola, stai con i ragazzini in una classe, non una tantum o per un periodo, ma ogni giorno e per anni; e fai, osservi, ascolti, proponi, porti avanti, come adulto esperto di apprendimento che guida bambini a imparare. Nel fare questo – è inevitabile e anche molto bello – continui a imparare a tua volta e devi lasciare che ciò avvenga, accoglierlo. Sei ogni volta un teorico in azione e un pratico che si chiede se va bene o no, che aggiusta il tiro, corregge, aggiunge, toglie”.
La scuola come non sempre è, ma soprattutto come dovrebbe essere.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(29 luglio 2015)