Mostra del cinema di Venezia
Da Israele a New York, l’identità protagonista
Osservare la Storia di Israele con gli occhi di chi sa raccontarla al grande pubblico, ritrovarvi i tormenti di una donna ebrea ortodossa così come quelli di un giovane arabo, compiere un salto nel mondo disegnato dei cartoni animati ma anche tra le strade vere e piene di vita di New York, e poi andare indietro nel tempo tra l’arte e la letteratura.
Non è la prima volta a Venezia per il regista israeliano Amos Gitai, che torna alla Biennale portando in concorso “Rabin, the Last Day”, che racconta l’uccisione del primo ministro Ytzhak Rabin nel1995. Gitai, che per realizzare la pellicola ha compiuto intense ricerche tra documenti, registrazioni, fotografie e materiale archivistico relativo sia al periodo precedente l’assassinio sia a quello successivo, ha affermato che la sua opera vuole costituire “la commissione d’inchiesta che non c’è mai stata”. La Commissione Shamgar, che fu istituita dallo Stato d’Israele e i cui audio sono presenti all’interno del film, avrebbe infatti investigato solo gli errori operativi e non il clima che ha portato all’uccisione: questa la tesi di Gitai. “La semplicità di Rabin, la sua assenza di sofisticazione, la sua abilità vent’anni fa di offrire tesi politiche alternative, tutto questo avrebbe potuto costituire un’alternativa governativa oggi. Per questo – sostiene – ho deciso che avrei fatto questo film non come regista, ma come cittadino”.
Da Israele arrivano anche altre due pellicole, entrambe nella sezione Orizzonti. Yaelle Kayam, giovane regista che ha studiato cinema in Australia e a Gerusalemme e il cui cortometraggio “Diploma” ha vinto vari riconoscimenti in decine di manifestazioni internazionali tra cui il Festival di Cannes, presenta il suo primo lungometraggio, intitolato “The Mountain”. La pellicola racconta la storia di una donna ebrea ortodossa che vive con la sua famiglia nel cimitero del Monte degli Ulivi, dove ogni giorno rimane da sola mentre il marito e i figli sono al lavoro e a scuola. In una notte tempestosa, presa dalla frustrazione, decide di correre fin dove la porteranno le sue gambe, e si imbatte un una inquietante scena sessuale. Sconvolta dall’immagine, inizia ad esplorare questo nuovo universo notturno sulla montagna, mentre cerca di mantenere la normalità nella sua vita quotidiana. Da Tel Aviv invece la regista Hadar Morag porta “Lama Azavtani (Why Hast Thou Forsaken Me?)”, in cui racconta la vita di un solitario adolescente arabo, culturalmente e sessualmente confuso, che vaga per il suo quartiere fino a che non incontra l’enigmatico Gurevich. Anche un cortometraggio di Hadar, intitolato “Silence”, è stato selezionato nella competizione di Cinéfondation al Festival di Cannes, nel 2008.
Dagli Stati Uniti arrivano invece due film che hanno trovato la loro fortuna su Kickstarter, finanziati dunque attraverso il crowdfunding. Si tratta di “Anomalisa”, il cartone animato in stop-motion presentato in concorso, scritto e diretto dallo sceneggiatore e regista ebreo newyorchese Charlie Kaufman insieme a Duke Johnson, che ha come protagonista un uomo paralizzato dalla mondanità della sua vita. Anche il documentario del regista Frederick Wiseman intitolato “In Jackson Heights”, presentato invece fuori concorso, è nato attraverso il finanziamento collettivo, e racconta la vita dell’omonimo quartiere della Grande Mela, “il più multietnico al mondo, letteralmente: abbiamo 167 lingue diverse parlate qua e ne siamo molto fieri”, come si racconta nel documentario, dove si vedono anche alcune scene girate in sinagoga.
Tornando in Europa, sono l’arte e la letteratura le protagoniste. “The Childhood of a Leader”, una produzione britannica, ungherese, belga e francese diretta da Bradt Corbet, è ambientato alla fine della Prima guerra mondiale ed è ispirato al racconto breve di Jean-Paul Sartre, che narra le vicende e la ricerca identitaria di Lucien Fleurier. Lucien passa attraverso la psicanalisi freudiana per diventare alla fine un membro di un’organizzazione giovanile fascista e uccidere un ebreo. Il regista russo Aleksandr Sokurov presenta invece in concorso “Francofonia – Le Louvre under German occupation”, interamente girato all’interno del museo francese, come aveva fatto ad esempio anche nel caso di “Arca Russa”, integralmente ambientato nell’Ermitage di San Pietroburgo.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(Nell’immagine una scena di “The Mountain” di Yaelle Kayam)
(3O luglio 2015)