Sinistre intolleranze

zeviSharon Nizza mi porta a una manifestazione nel giardino Meir, al centro di Tel Aviv. Si tratta della commemorazione di due gay uccisi nel 2009 da un estremista che fece fuoco all’interno del centro sociale nel parco, ferendo molte altre persone. L’iniziativa assume un significato particolare alla luce degli attentati della settimana scorsa, in particolare quello al Gay Pride che ha ucciso Shira Banki.
Fa un caldo pazzesco e l’odore non è proprio il massimo. Parla Shimon Peres, l’impressione è che la gente si attacchi a questo padre della patria per coltivare l’illusione della continuità, per rimuovere l’evidenza della frattura prodottasi.
Salgono sul palco militanti e politici. L’atmosfera è tesa: si è sparsa la voce che Naftali Bennett sia in arrivo. Un giornalista autorevole agli occhi dei manifestanti prova a spiegare che la sua presenza è importante, che un esponente radicale come Bennett va incalzato ma non cacciato. Si capisce che non è aria. Sale sul palco Yuval Steinitz, Ministro dell’Energia del Likud con un passato in “Pace Adesso”. La folla rumoreggia, i più scalmanati si avvicinano al palco, qualcuno suona il tamburo. La contestazione si organizza: qualche decina di persone indossa guanti bianchi sporchi di sangue finto.
Impossibile ascoltare, Steinitz prosegue il suo intervento sotto lo sguardo vigile e apprensivo delle guardie del corpo. Alcuni manifestanti provano a difenderlo, spiegando che gli alleati nel Governo sono utili: la situazione non è più sotto controllo. Scoppiano tafferugli, la povera Sharon si prende un pugno da una ragazza che brandisce un cartello con scritto “L’odio uccide”. Bennett non viene più, ufficialmente perché non ha firmato la piattaforma sui diritti LGBT. Nei giorni in cui – venti anni esatti dopo l’omicidio di Itzhak Rabin – la violenza della destra estrema israeliana è venuta drammaticamente alla luce, incubata da molte complicità politiche e culturali, in questa piazza è una certa sinistra a mostrare il suo volto intollerante, anche se le conseguenze sono assai meno gravi. Sullo sfondo, una società lacerata, una classe politica screditata e la paura di un futuro incerto (Iran). Piccola grande consolazione: la reazione ferma degli israeliani agli attacchi della settimana scorsa, e le parole nette e coraggiose del Presidente Reuven Rivlin, alfiere dell’unica democrazia del Medioriente.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter: @tobiazevi

(4 agosto 2015)