Un poco di silenzio

jonatan della roccaPotrebbe essere interpretata come una proposta paradossale comunicare ciò su un mezzo di comunicazione come questo, ma non c’è altrimenti: di ebrei, di israeliani, di ebraico e di Israele se ne comincia a scrivere e a parlare troppo sui media. Sia nel bene e sia nel male.
Ha scritto Haim Baharier in un recente libro che tutti ne parlano, ma non si parla con Israele.
E questa osservazione, probabilmente, oltre al significato di rapporto bilaterale, va interpretata anche come bisogno introiettivo. Anche la proliferazione dei social network con forum esclusivi di correligionari, presenti in diverse lingue, non aiuta al pensare e a distinguere. Forse oggi è arrivato anche il momento, ogni tanto, di tacere e del silenzio. Prendendosi delle pause dalla comunicazione esasperata. Vanno studiate forme di ‘shabbat’ mediatici. Ma non bisogna attendere editti rabbinici. Perché gli appelli a moderare l’uso e l’abuso comunicativo debbono partire dalla società civile ebraica, mondiale e israeliana. Non è un bisogno religioso: il silenzio, quando ci vuole, è un bisogno umano.

Jonatan Della Rocca

(5 agosto 2015)