Ticketless – Chiagni e ridi

Cavaglion Nella sua rubrica per la rivista “L’immaginazione letteraria” (Manni ed., 3, 2015, p. 35), Filippo La Porta con la consueta arguzia osserva la strana anomalia dell’attuale cultura nostrana.
Nel campo della narrativa come della cinematografia, se da un lato si espande l’attitudine a ridere della vita, dall’altra sta nascendo un genere o sottogenere: la morte della madre.
Massimo Gramellini prima, Alessio Nunnari, Patrizia Patelli per culminare nel film di Nanni Moretti, “Mia madre”. Da un lato prolifera qualche cosa che assomiglia ad una collezione di barzellette televisive e al dominio dei comici anche in politica (“Agli italiani piace ridere e far ridere”, ammoniva Flaiano), dall’altro storie inesorabilmente strazianti che fanno venire in mente la frase del caustico Manganelli: “Ci prendono a mamme morte in faccia” (la frase originaria era di Dickens, che “ci prende a bambini morti in faccia”).
Le riflessioni di La Porta fanno riflettere, perché, sia pure in modo meno vistoso, riguardano tutti noi, la cultura italiana nel suo insieme, la mai tramontata vocazione del melodramma ottocentesco, buffonesco e ipersentimentale anche nella rappresentazione del personaggio ebreo, per esempio nella letteratura d’appendice.

Alberto Cavaglion

(5 agosto 2015)