Nel nome di Gino. A New York
“C’è un ponte che parte da New York e arriva fino a Firenze. E su quel ponte torna a correre Gino Bartali”. Sulle pagine fiorentine del Corriere della sera l’avvincente racconto di come un giovane ebreo americano, Jonathan Freedman (nell’immagine), è riuscito a costituire un team di ciclisti che correranno negli Stati Uniti per diffondere i valori e la profonda umanità testimoniati dal ciclista Giusto.
Una squadra di volontari, si racconta, costituitasi nel solco delle storie emerse dopo la campagna per la raccolta di nuove prove lanciata sul mensile Pagine Ebraiche dal giornalista Adam Smulevich e dalla psicologa Sara Funaro, attuale assessore comunale al Welfare. Due i testimonial d’eccezione: l’ex maglia gialla George Hincapie e Christian Vande Velde, quarto al Tour del 2008. Entrambi indossano la maglia del “Team Bartali” e partecipano oggi a un evento benefico in New Jersey a favore dei bambini malati di cancro.
“Bartali è stato uno straordinario campione del Novecento – racconta Smulevich al Corriere – un uomo che ha segnato la storia dello sport italiano ed europeo. Commuove che ci siano persone che, di là dall’Oceano, spinte da forti valori e concretezza, riescano a portare avanti azioni così significative”.
A colpire Freedman anche la storia di Giorgio Goldenberg, il giovane ebreo fiumano che fu nascosto assieme ai suoi cari in una casa di via del Bandino, prima periferia di Firenze. Raggiunto anche grazie all’intermediazione di Nardo Bonomi, Giorgio avrebbe rivelato il suo segreto a Pagine Ebraiche. Era il dicembre del 2010 e Goldenberg affermava: “Se sono vivo lo devo a Bartali”. Le sue parole avrebbero presto fatto il giro del mondo.
Nuovi omaggi sono intanto in vista nel capoluogo toscano. Come ci anticipa Silvia Costantini, vicepresidente della fondazione dedicata all’eroico diplomatico svedese Raoul Wallenberg, l’aeroporto cittadino Amerigo Vespucci accoglierà prossimamente un contributo artistico in ricordo del ciclista, che sarà posto all’ingresso della struttura.
Proprio la fondazione Wallenberg, poche settimane fa, ha consegnato nelle mani del sindaco Dario Nardella una medaglia in ricordo di chi, a Firenze e dintorni, si prodigò per mettere in salvo ebrei perseguitati dal nazifascismo. Un evento che va contestualizzato nel quadro del progetto educativo ‘Case di vita’ che si pone l’obiettivo di individuare tutti quei luoghi che furono un rifugio sicuro.
“La nostra sfida è quella di formare e di educare le nuove generazioni. Lavoriamo sulla memoria del bene, vogliamo che in tutta quella oscurità emerga la luce di chi fece scelte ben specifiche”.
(6 agosto 2015)