…inciampi

Le polemiche intorno alle pietre d’inciampo nella Comunità ebraica di Monaco non mi stupiscono, ne avevo sentito qualcosa anche a proposito del mondo ebraico italiano. Ma confesso che non capisco. L’idea di far inciampare l’attenzione dei passanti, cosa che non sarebbe possibile con una pietra apposta sul muro, mi sembra straordinaria. E l’attenzione inciampa davvero, turisti e passanti si fermano e leggono. Non vogliamo ricordare l’orrore? Allora aboliamo la memoria. Pensiamo che l’artista ci guadagni? E allora, gli architetti dei memoriali e dei musei dell’ebraismo e della Shoah lavorano forse gratis? O forse ciò che infastidisce davvero è che accanto agli ebrei che sono usciti da quei portoni per la deportazione ci siano anche non ebrei, partigiani, oppositori?
Le pietre d’inciampo rappresentano, io credo, uno dei modi più interessanti di fare memoria della Shoah. Un modo in cui il ricordo è indissolubilmente legato al luogo, quel portone là segnato da quelle pietre, e al nome, il nome inciso sull’ottone, con le date di nascita e di morte. Il nome di un individuo.
Nelle città, davanti ai portoni, lo possiamo fare. Immaginatevi se il mare Mediterraneo fosse disseminato di targhette d’ottone, a ricordare quei puntini che ai nostri giorni – ieri, oggi – scompaiono negli abissi e di cui presto sparirà anche ogni memoria.

Anna Foa, storica

(10 agosto 2015)