…convivenza
Nel suo interessante post del 3 agosto Paolo Sciunnach sosteneva con ottime e condivisibili argomentazioni che l’Ebraismo e il Cristianesimo non nascono dallo stesso grembo, ma che è il secondo a nascere dal grembo del primo ed è quindi teso alla ricerca della sua “radice ebraica”. Concordo. Sono meno d’accordo con la successiva affermazione secondo cui “l’Ebraismo può fare a meno tranquillamente del Cristianesimo”. Si tratta di un’opinione che può avere una sua validità solo se si limita ai fondamenti teologici, ma rischia di non tenere conto dei lunghi secoli di storia che hanno caratterizzato i rapporti spesso tormentati fra comunità ebraiche e chiese cristiane. Possiamo pensare che la convivenza e a tratti lo scontro con il Cristianesimo non abbiano lasciato delle tracce nell’Ebraismo? Io non penso. Di certo – ad esempio – la nascita di certe pulsioni mistiche prima fra i Chassidim tedeschi medievali (dopo le persecuzioni crociate) e poi fra i Chassidim dell’Europa orientale (dopo le stragi delle orde di Chmielnicki) avrebbero avuto meno fortuna nell’ebraismo senza la pressione delle persecuzioni cristiane. Ma – senza legarci per forza alle persecuzioni – possiamo dire che i marrani tornati all’ebraismo non abbiano portato con sé forme religiose influenzate dalla loro educazione cristiana? Pensiamo, per fare un esempio italiano, alla “Biblia Hebrea” tradotta in spagnolo per i conversos di ritorno a Ferrara: l’accento sulla cultura biblica, piuttosto che sulla Tradizione orale, non ci parla di un’influenza religiosa cristiana? E che dire delle forme architettoniche, ad esempio, degli Aronòth ha-Qodesh delle sinagoghe in Italia? Spesso si tratta di altari di chiese riutilizzati in chiave ebraica, ma dedicati entrambi alla devozione religiosa. E che dire di alcuni fra i maggiori pensatori ebrei, che non disdegnarono di citare e utilizzare testi di pensatori cristiani nei loro commenti biblici (uno fra tutti don Isac Abrabanel). Si potrebbe andare avanti, segnalando il fatto che il collegio rabbinico di Padova (primo istituto di formazione rabbinica moderna nel mondo) si ispirava all’organizzazione dei nuovi seminari vescovili voluti dall’impero asburgico. Quel che voglio dire è che penso non si rispettino le dinamiche della storia né si dia il giusto peso alla storia stessa nelle trasformazioni dell’ebraismo se si continua a pensare quest’ultimo come un oggetto che si possa studiare in una sua splendida e ineluttabile autonomia. Anche l’ebraismo – come lo conosciamo e lo pratichiamo oggi – è il frutto di trasformazioni complesse e di un assommarsi di influenze di cui è bene tenere conto, per comprendere in pieno chi siamo e da dove veniamo.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(14 agosto 2015)