Le voci che mancano
Abbiamo assistito con crescente orrore alle gesta delinquenziali degli estremisti ebrei di Israele: l’uccisione di un infante arabo e quella di una giovane dimostrante che si batteva perché i gay avessero la libertà di vivere come vogliono e di farlo sapere all’esterno del loro gruppo.
I commenti inorriditi delle più alte autorità dello Stato non si sono fatti attendere: ciascuno, a seconda del proprio ruolo, ha manifestato il proprio sdegno e ha anche proposto misure repressive per contenere con la forza il ripetersi di azioni indegne di tal fatta.
Anche i rabbini italiani con parole diverse, ma sentimenti unanimi hanno stigmatizzato e deplorato questi fatti terribili.
Ma una voce è mancata, anzi due. Una parte del Rabbinato israeliano è rimasta silente. Sarebbe stato logico ed auspicabile che si fosse levata, pronta e sonora, la voce sia del Rabbinato ufficiale sia quella dei rabbini che dalle varie yeshivot ispirano questi teppisti delinquenziali che pretendono di parlare in nome della Torah e invece la profanano con le parole e le azioni.
Da notare che entrambi i Rabbinati ricadono doppiamente sotto la giurisdizione dello Stato: da un lato come cittadini residenti in Israele sono soggetti alle leggi dello Stato, d’altro lato il Rabbinato ufficiale perché è un organo dello Stato, mentre le yeshivot ricevono finanziamenti e privilegi.
La repressione, penale, degli esecutori è necessaria, ma non può prescindere da chi li istruisce, li fomenta e li ispira fornendo loro l’alibi di una (falsa) ideologia.
Infine un (rispettoso) appunto al Rabbinato italiano: abbiamo letto l’unanime deprecazione di questi orribili fatti da parte di tutti i nostri rabbini: benissimo!
Ma un appello ai loro colleghi, dipendenti e non, dello Stato d’Israele perché levino una voce chiara e ferma contro questa delinquenza sacrilega (perché cerca di camuffare i propri delitti con false giustificazioni halakhiche) non si è ancora sentito. Se i rabbini d’Israele pretendono di dire ai nostri come fare le ciambelline di Pesach, i rabbini italiani possono chiedere un pronunciamento pubblico, chiaro e senza ambiguità, ai loro colleghi d’Israele su fatti così sconvolgenti che nulla hanno a che vedere con la Halakhah, ma che coinvolgono non solo lo Stato d’Israele ma tutti gli ebrei del mondo che guardano a Israele come ad una fonte d’ispirazione.
Roberto Jona, Università di Torino
(16 agosto 2015)