Oltremare
Il dottor Stranamore

danielafubini2Il semaforo passa al rosso e mi fermo, ritorno indietro di qualche passo per mettermi all’ombra, che anche quel minuto di sole (e anche alle nove del mattino) si può ben evitare in questa estate che ci ha arrostito anche la pazienza. Dalla nuova angolatura, mi entra nel campo visivo dell’angolo dell’occhio destro qualcosa che potrebbe essere una lontana bandiera italiana e quindi metto a fuoco e resto a bocca aperta lì, in mezzo alla strada, per un quarto di secondo di troppo – finché le persone si girano a guardare che cosa mi ha trasformata in una statua di sale.
La bandiera non è italiana, ha solo i colori del tricolore, ma è la bandiera iraniana. Cubitale. Su di un gigantesco sfondo bianco, con accanto una bandiera israeliana, e sopra la scritta “In questo palazzo, prossima apertura: l’Ambasciata iraniana”. Sei piani interi, tetto incluso, di un palazzo arrotondato che fa angolo con la centralissima Kikar Rabin, su Frishman – la strada che porta plotoni di francesi fino alla spiaggia giorno e notte.
Non so ancora spiegare questo maxicartellone pubblicitario, perché non ho capito che cosa dovrebbe pubblicizzare, ma ho fiducia che fra pochissimo tempo lo scoprirò. Però questo brivido di totale surrealismo politico, piantato in mezzo al cuore della Tel Aviv frenetica e lavoratrice, mi ha prodotto una dolorosa nostalgia per Peter Sellers. No, non ho preso un colpo di sole. Una delle più fondamentali interpretazioni di Peter Sellers è stata quella in “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”.
Quel titolo mi torna in testa come un mantra in questi giorni, quando ex politici fanno dichiarazioni quantomeno fuori luogo su quando e come Bibi avrebbe dovuto e potuto sganciare bombe sull’Iran, e non lo ha poi fatto. Me lo immagino come nei film degli anni della guerra fredda, con la valigetta incatenata al polso, dite voi chi è schiavo di chi. Lui non lo so, noi abbiamo imparato a ignorare la bomba e ad amare Tel Aviv. A ciascuno il suo titolo.

Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini

(24 agosto 2015)