Mafia

Francesco Moisés BassanoLa mafia occupa le prime pagine dei giornali quando uccide, o come nel caso più recente, quando avviene qualche matrimonio o funerale sfarzoso, ed allora suscita indignazione e scandalo, ma per il resto non esiste. In verità, la mafia dovrebbe mettere più timore quando resta nell’ombra e dietro le quinte, quando uccide in altri modi, come con il traffico di esseri umani e stupefacenti o con la gestione dei rifiuti – la “Terra dei Fuochi” in Campania, continua a bruciare e ad avvelenare la popolazione tutt’ora nel silenzio -, più di quando si mostra alle telecamere dei talk-show, suona le arie del Padrino di Nino Rota, o mette video su Youtube delle proprie feste e delle proprie case sontuose.
Eppure, i populisti di casa, come Matteo Salvini, per accendere ancora di più il ressentiment della popolazione, sfruttano immediatamente l’occasione in casi mediatici come questi astenendosi in altri, specie poi quando i mafiosi di turno sono di origine Rom. Ma in realtà più italiani forse dello stesso Salvini, visto che famiglie come quelle dei Casamonica, sono arrivate in Italia (soprattutto nell’Abruzzo e nel Molise), probabilmente nel 1300-1400 e molti di loro non si ricordano neanche di essere stati gitani, preservano solo cognomi come Morelli o magari Calderoli, ed in ogni caso non sono ormai granché identificabili coi rom jugoslavi di Kusturica o con quelli rumeni che vivono ancora nelle baraccopoli delle nostre città.
Non è mai stato facile definire cos’è mafia e cosa non lo è, si pensa che la mafia si manifesti esclusivamente con attività criminali sullo stile della trilogia di Coppola – seppur sovente è il cinema che paradossalmente serve da modello ai picciotti odierni -, il più delle volte essa si caratterizza piuttosto come un qualunque sistema di potere che offre dei servizi/favori al posto dello stato fondandosi sempre su un forte consenso, mostrandosi in gran parte con modi volgari, pacchiani, tutt’altro che affascinanti. Mafia è anche quella esercitata da certe autorità statali, si veda per esempio il recente film russo “Leviathan” (2014) di Andrei Zvyagintsev, dove se riprendiamo il discusso etimo arabo di “mahyas” come “tracotanza o vanto aggressivo”, ciò che opprimerà il protagonista della suddetta pellicola non potrebbe trattarsi altro che di questo.
Spesso la mafia, oltre che nei paesi arretrati e nelle piccole comunità, si è instaurata nelle enclaves etniche dei paesi più sviluppati, come struttura di “sostegno” in un contesto di emarginazione e di assenza del potere statale. Ecco perché, negli Usa, le “mafie” nacquero in mezzo alle comunità greche, chicane, italiane, irlandesi, o di Yekke, come la fin troppo enfatizzata “Kosher Mafia”, rappresentata anche in “Once Upon a Time in America” di Sergio Leone. O come in Russia, numerosi capi fossero d’origine georgiana, cecena o talvolta anche ebraica. O infine come in Israele, la mafia sia russa, magrebina, o palestinese, costituendo anche qui una fonte di grande preoccupazione.
Occorre allora ricordare le prime parole della parashà di Sciofetim, dove sembra che vi sia già un’esortazione ad allontanare qualunque culto criminale corruttore delle nostre istituzioni e a seguire sempre la via della giustizia: “Non torcere il diritto, non aver riguardi di sorta e non farti corrompere perché il prezzo della corruzione accieca gli occhi dei saggi e rende tortuose le parole dei giusti. La giustizia, la vera giustizia seguirai affinché tu viva ed erediti la terra che il Signore tuo D-o sta per darti”. (Debarim 16:19-20)

Francesco Moises Bassano

(28 agosto 2015)