Oliver Sacks (1933-2015)

Oliver-SacksHa destato cordoglio in tutto il mondo ebraico la scomparsa del neurologo inglese, americano d’adozione, Oliver Wolf Sacks. Nato a Londra da genitori ebrei nel 1933, Sacks aveva nella sua famiglia eccellenze nel mondo della scienza e della politica: sua madre Muriel è stata una delle prime donne-chirurgo, suo cugino, l’israeliano Robert John Aumann, ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 2005 e un altro cugino, Abba Eban, ha ricoperto il ruolo di ministro degli Esteri e dell’Educazione dello Stato di Israele.
Docente alla New York University e alla Columbia oltre che dell’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York, Oliver Sacks si è occupato per tutta la vita di ricerca nell’ambito delle malattie neurologiche, dal Parkinson alla Sindrome di Tourette, vantando numerosi pubblicazioni in Italia edite da Adelphi. Tra i libri più conosciuti al grande pubblico spiccano “Risvegli”, dedicato ad una particolare patologia neurologica originata dall’encefalite letargica che ha ispirato nel 1990 una trasposizione cinematografica con Robert De Niro e Robin Williams, e “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, una collezione di casi di pazienti dai risvolti più vari e curiosi. Il suo ultimo lavoro è l’autobiografia “On The Move: A Life”, che verrà pubblicata ad ottobre.
Solo pochi giorni fa, il New York Times aveva pubblicato un articolo di Sacks in cui si rievocava uno Shabbat particolare: quello nel quale si era riappacificato con la propria religione. “Mia madre e i suoi 17 fratelli – scriveva – e sorelle ricevettero un’educazione ortodossa: in tutte le fotografie, mio nonno porta la kippah, e mi hanno detto che se gli cadeva, di notte, si svegliava. Anche mio padre proveniva da un ambiente ortodosso. Entrambi i miei genitori erano molto consapevoli del Quarto Comandamento («Ricordati del giorno di sabato per santificarlo»), e lo Shabbat (Shabbos, come lo chiamavamo noi, ebrei lituani) era un giorno completamente diverso dal resto della settimana. Nessun lavoro era permesso, né guidare, né usare il telefono; era proibito accendere una luce o una stufa. Essendo medici, i miei genitori facevano delle eccezioni. Non potevano staccare il telefono o evitare del tutto di guidare; dovevano essere disponibili, se necessario, per vedere i pazienti, o operare, o far nascere dei bambini”.
Una volta rivelata la propria omosessualità Sacks si scontrò con il rifiuto della madre che lo portò al progressivo distacco dalla religione. Una crisi risolta anni dopo, proprio durante una cena di Shabbat con il cugino ebreo ortodosso Robert John Aumann: “Quanto fosse profondamente cambiato l’atteggiamento, anche tra gli ortodossi, fu definitivamente chiarito da Robert John quando invitò Billy e me a unirci a lui e alla sua famiglia per il pasto di apertura dello Shabbat. La pace dello Shabbat, di un mondo che si ferma, in un tempo fuori dal tempo, era palpabile, pervadeva tutto, e mi ritrovai immerso nella malinconia, qualcosa di simile alla nostalgia, a chiedermi: e se A e B e C fossero stati diversi? Che persona sarei stata?”.
E, una volta scoperto di avere una malattia allo stadio terminale, spiegava Sacks sulle colonne del New York Times, ciò che gli è tornato in mente non è stato altro se non il valore dello Shabbat, sua eredità e testamento: “E ora, debole, col fiato corto e i muscoli una volta sodi sciolti dal cancro, trovo che i miei pensieri, non sulle cose soprannaturale o spirituali, ma su cosa si intende per vivere una vita buona e utile – hanno provocato un senso di pace dentro di me. Scopro che i miei pensieri vanno allo Shabbat, il giorno di riposo, il settimo giorno della settimana, e forse il settimo giorno della nostra vita, quando possiamo sentire di aver fatto il nostro lavoro, e di potere, in buona coscienza, riposare”.

Rachel Silvera

(30 agosto 2015)