Giornata della Cultura,
il discorso di Gattegna
Illustri autorità e cari amici,
nel dichiarare aperta questa sedicesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica mi tornano alla mente le parole pronunciate da Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti e premio Nobel per la Pace nel 1986: “L’opposto di amore non è odio, è indifferenza. L’opposto di arte non è brutto, è indifferenza. L’opposto di fede non è eresia, è indifferenza. L’opposto di vita non è morte, è indifferenza”.
Sono parole tremendamente attuali perché in questo periodo, più che in passato, sentiamo quanto sia pericolosa l’indifferenza di fronte alla crudeltà e alla violazione della sacralità della vita umana, soprattutto quando gli assassinii vengono collegati a presunte motivazioni di carattere religioso e assumono la connotazione di fenomeni di razzismo, di xenofobia o di fondamentalismo religioso.
L’indifferenza di fronte alle sofferenze e alla morte degli altri comporta la perdita della propria coscienza e della propria dignità e la caduta nell’abisso del cinismo e della complicità con assassini e criminali.
La responsabilità per tanti orrori non deve essere addebitata solo ai gruppi o ai regimi estremisti e fanatici che li commettono, ma anche alle maggioranze inerti e silenziose che invece di impegnarsi e lottare per il rispetto dei diritti fondamentali di tutti voltano la testa dall’altra parte e fingono di non vedere.
Per questo motivo nell’inaugurare questa Giornata propongo a tutti i partecipanti, senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione, di opinione politica, di dedicarla a quella parte dell’umanità, innocente e indifesa, che è costretta ad una fuga disperata dalla propria terra per tentare di salvare la vita propria e dei propri figli.
Il tema “Ponti” è stato scelto dall’associazione europea per la conservazione e la promozione della cultura ebraica come argomento di dibattito e approfondimento e come linea guida di questa Giornata.
Si tratta di un argomento di grande attualità, in quanto negli ultimi anni siamo stati costretti ad assistere a qualcosa di molto più degradante e degradato di una guerra combattuta tra eserciti.
La morte e l’omicidio vile di persone inermi e indifese sono stati proposti come modello, come proposta etica, come metodo di governo e di dominio.
Lo spettacolo perverso e raccapricciante dell’agonia e della morte è stato usato senza pudore e senza pietà come forma di pubblicità finalizzata al reclutamento di nuovi giovani volontari.
In questo orrore senza fine coloro che tentano di sfuggire a un destino inaccettabile sono costretti a passare attraverso trafficanti e mercanti di esseri umani che delle tragedie altrui fanno la loro fortuna.
Tergiversare non è più possibile. È giunto il momento nel quale i leader politici e religiosi, gli Stati democratici, le organizzazioni e i tribunali internazionali assumano, uniti e solidali, tutte le iniziative adeguate e necessarie a indurre o a costringere tutti al rispetto della legalità.
Ritengo necessario che oltre a parlare dei ponti si chiariscano oggi anche i presupposti necessari e indispensabili senza i quali la loro edificazione sarebbe inutile o impossibile.
L’ebraismo si basa su solidi principi e profonde radici che contemplano l’obbligo dell’accoglienza e del rispetto del diverso e dello straniero.
La storia e le tradizioni ebraiche sono quelle di un popolo che convive da millenni in mezzo ad altri popoli.
L’accoglienza e il rispetto di altre fedi e culture risalgono alle origini stesse dell’ebraismo.
Questo è il significato della biblica tenda di Abramo, aperta sui lati per essere sempre pronta ad ospitare da parte di lui, straniero, qualsiasi altro straniero di qualunque provenienza.
Le Comunità ebraiche di Firenze e di Milano, nel rispetto di queste civilissime tradizioni, si sono concretamente e rapidamente mobilitate per soddisfare le pressanti richieste delle rispettive autorità comunali e hanno destinato all’accoglienza di migranti, bisognosi di tutti i beni di prima necessità, ospitalità in propri locali, provvedendo alla loro sussistenza.
Rivolgo un sentito ringraziamento a queste due Comunità rappresentate dalla dottoressa Sara Cividalli, presidente della Comunità ebraica di Firenze, che come città capofila offre anche la generosa ospitalità di cui stiamo usufruendo, e all’ingegner Roberto Jarach di Milano, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e del Memoriale “Binario 21”.
Ringrazio infine voi tutti per la vostra presenza e la partecipazione.
E in particolare il sottosegretario Filippo Bubbico, in rappresentanza del governo, e Sara Funaro assessore del Comune di Firenze.
In vista della prossima festa di Rosh haShanah auguro a tutti un felice e dolce nuovo anno 5776.
Shanà Tovà
Renzo Gattegna,
presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(6 settembre 2015)