La speranza
Se i numerosi Orbán, hanno intravisto negli arrivi di rifugiati in questi giorni la fine dell’Europa ‘per come la conosciamo’ o la vicina realizzazione del progetto ‘eurabico’, Gad Lerner dalla finestra opposta vi ha visto romanticamente “la marcia del futuro proletariato europeo”. Forse, uno dei due è una Cassandra, o forse entrambi dovrebbero fare come Bergoglio una visita dall’ottico. Smarcandosi dai punti di vista ideologici, nel concreto, si vedono alle frontiere della Fortezza Europa persone senza spade e vessilli, che hanno abbandonato un paese completamente distrutto dagli aguzzini dell’IS e da Bashar al-Assad, per intraprendere un viaggio pieno di incognite e privo di qualunque sicurezza.
Adesso spetteranno anche all’Europa le successive mosse, nel riuscire a integrare nel proprio tessuto i nuovi e i prossimi migranti senza che essi cadano così nelle trappole della marginalizzazione, e nel far sì che non prendano il sopravvento i vari sentimenti xenofobi e ultra-nazionalisti tanto in voga ultimamente. Ciò che bisogna auspicare, sono del resto, solidarietà e reciproca comprensione, e dunque l’innalzamento di nuovi ponti che come, è stato detto, abbiano le proprie robusta fondamenta su entrambe le rive.
Sommando incompatibilmente Lerner e Orbán: da oggi, potrebbe nascere sì, una nuova Europa, ma potenzialmente più matura di quella di prima, in grado di comprendere la propria e l’altrui tragedia, così da perfezionare se stessa.
Come scrisse Walter Benjamin – posto anche a chiusura in “One-Dimensional Man” di Herbert Marcuse – : “Nur um der Hoffnungslosen willen ist uns die Hoffnung gegeben” (È solo a favore dei disperati che ci è data la speranza).
Francesco Moises Bassano
(11 settembre 2015)