berachà…
Nella berachà ai figli che accompagna l’accensione delle candele alla vigilia dello Yom Kippur chiediamo ad Hashem che: “Metta nei cuori dei nostri figli l’amore per Lui. Il timore di Hashem sia sul loro volto tutti i giorni della loro vita… che i loro occhi guardino avanti, la loro bocca dica parole sagge, il loro cuore mediti su ciò che incute timore, le loro mani siano impegnate nell’osservanza delle mitzvot, i loro piedi corrano per eseguire la volontà del Padre loro che è nei cieli…”. Nel soffio di questa berachà esiste l’unica vera missione spirituale di ogni genitore ebreo, di ogni rabbino, di ogni educatore. Una missione di non facile adempimento perché è l’unica vera base della nostra esistenza, l’unico valore che ci ha permesso di sopravvivere tempi e luoghi diversi, l’unico respiro che è aria reale per il nostro popolo. Perché, l’assenza di questo valore o il suo ripetersi come gesto formale e non sentito produce quello che Franz Kafka definiva in questo modo nella “Lettera al Padre”: “Se il tuo ebraismo fosse stato più saldo, anche il tuo esempio sarebbe stato più convincente…”.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(18 settembre 2015)