Dissipare la nebbia

annasegreQuale Paese consideriamo più democratico? Uno i cui mass media descrivono una realtà ideale con le istituzioni che funzionano perfettamente e la popolazione sempre compattamente d’accordo con il proprio governo? Oppure un altro i cui media criticano pesantemente la classe politica e danno abbondantemente conto di problemi, discussioni e fratture all’interno dell’opinione pubblica? Credo che chiunque sarebbe pronto a dire che il primo dei due Paesi è con ogni probabilità molto meno democratico del secondo. A meno che non si parli di Israele.
In questo caso, infatti, la logica più elementare viene inspiegabilmente rovesciata e le critiche al governo, le discussioni, le divergenze di opinione, l’analisi spassionata dei problemi – tutte le cose insomma che la gente di buon senso considera segni inequivocabili di una democrazia viva e funzionante – vengono bollate da alcuni come pericolosi segnali di debolezza. D’accordo, i nemici di Israele non sono persone di buon senso, e infatti talvolta capita che alcuni di loro strumentalizzino le critiche degli israeliani al proprio Paese. Ma sono davvero queste le armi che gli odiatori di Israele usano più volentieri? A me non sembra, anzi.
In tanti anni di discussioni ho sempre trovato sconcertante quanto poco siano conosciuti i reali problemi di Israele, i reali temi del dibattito interno, le situazioni reali in cui i palestinesi o gli arabi israeliani potrebbero avere valide ragioni per protestare: in pratica, quando c’è un motivo abbastanza sensato per dire qualcosa di male su Israele i nemici più acerrimi di Israele quasi sempre lo ignorano. A ben pensarci questo non è affatto strano, perché le critiche su questioni specifiche e tutto sommato circoscritte contribuiscono a dissipare la nebbia di orrore totale che molti cercano di creare ad arte: in effetti chi va cianciando di pulizie etniche come può ammettere che in realtà si sta parlando magari di un terreno espropriato o di alberi abbattuti? Chi si inventa genocidi come può dar conto dell’ondata di indignazione suscitata da un attacco terroristico contro una famiglia? Non per niente abbiamo assistito infinite volte a violente contestazioni contro intellettuali israeliani noti per le loro posizioni critiche verso il proprio governo: è facile accusare chi dice che in Israele va sempre tutto bene di non essere attendibile; ma gli israeliani che inquadrano i problemi del proprio Paese nelle giuste proporzioni mettono seriamente i bastoni tra le ruote a chi cerca di deformare la realtà dilatando le proporzioni smisuratamente.

Anna Segre, insegnante

(18 settembre 2015)