Le sedie vuote
Su Facebook e Instagram prima dell’entrata di Rosh Hashanah è stato un trionfo di tavole imbandite.
Tovaglie bianchissime, il servizio buono tirato fuori per l’occasione:
challot, fiori, candele, frutta e miele, coperti favolosi.
Eppure ogni moed, ogni festa, mi pervade un senso di melanconia e tristezza. La gioia non coincide mai con il mio stato d’animo.
Questi simboli, queste atmosfere evocano inevitabilmente momenti sereni della mia infanzia, acuiscono il dolore nel vedere le sedie vuote di chi ci ha lasciato, non mi trasmettono serenità ma, anzi, un senso di vuoto.
All’improvviso, poi, magicamente torna il sereno, basta un kiddush, una berachà. Rifletto sulla trasmissione e il passaggio generazionale dei valori ebraici, al conforto del cibo tradizionalmente preparato, al calore familiare e il magone svanisce.
L’astio, le preoccupazioni, i piccoli litigi, la nostalgia passano e mi ritrovo ad affrontare un anno nuovo.
Claudia Sermoneta
(18 settembre 2015)