insegnamento…

“Scrosci come pioggia il mio ammaestramento, stilli come rugiada il mio detto”. Con queste parole Moshè introduce la sua cantica finale, il poema didascalico che lascerà ad Israele quale testamento spirituale.
I Maestri si interrogano sul perché l’insegnamento sia paragonato alla pioggia scrosciante, mentre il detto alla rugiada che gocciola. È evidente che il detto è meno pressante di un insegnamento, e pertanto il parallelismo – a livello di forza – è calzante.
Ma c’è di più. La rugiada è qualcosa che tutti desiderano, perché da chiunque è riconosciuta come benefica. Non così la pioggia, che a volte è gradita ed a volte no. Ma in realtà è anch’essa necessaria, e non a caso, quando esisteva il Beth Ha-Miqdàsh, il Kohèn Gadòl, invocando la pioggia nel giorno di Kippur, diceva: “Non dare ascolto ai viandanti che non vorrebbero mai la pioggia, perché essa è una necessità”.
Anche l’insegnamento divino può essere a volte scomodo; tuttavia è una necessità,sebbene a volte ci investa con la forza di un rovescio. Moshè, quindi, avverte che le sue parole possono essere gradevoli come la rugiada o scomode come uno scroscio di pioggia, ma sono necessarie e benefiche ugualmente.

Elia Richetti, rabbino

(24 settembre 2015)