Carabinieri deportati, celebrato l’anniversario.
“Loro ricordo, un impegno comune”
“Solo da pochi anni è stata recuperata e approfondita la memoria di una pagina tanto drammatica dell’occupazione tedesca. Oltre settant’anni dopo, è nostro comune impegno trasmetterne il ricordo”. La Memoria come orizzonte imprescindibile di consapevolezza collettiva: questo il concetto evocato dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nel corso della solenne commemorazione in ricordo dei carabinieri deportati da Roma, esattamente 72 anni fa, per aver disobbedito all’ordine del maresciallo Graziani di consegnare le armi ai tedeschi.
Oltre 2500 i carabinieri catturati e poi inviati in Germania e Polonia. Un tragico evento che precedette di soli nove giorni la razzia degli ebrei romani. “Il collegamento non è casuale. Secondo ricostruzioni storiche – ha affermato il presidente UCEI – la cattura fu eseguita anche per impedire ai carabinieri di opporsi a quell’aberrante operazione già programmata per il successivo 16 ottobre”.
L’arma era infatti invisa ai fascisti e temuta dai nazisti per diversi motivi. Gli stessi carabinieri, è stato ricordato, furono gli esecutori materiali dell’arresto di Mussolini del luglio 1943 e, inoltre, dopo l’armistizio, molti si rifiutarono di giurare fedeltà al governo fascista di Salò e si unirono alle insurrezioni. La comune memoria di questi eventi, ha sottolineato Gattegna, “ha contribuito a rafforzare il legame tra l’arma dei carabinieri e le comunità ebraiche”. Un rapporto forte, oggi improntante a un costante dialogo e a una costante collaborazione e solidarietà “nei momenti in cui si manifestano nuovamente rigurgiti di nazismo e antisemitismo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Tullio Del Sette, comandante generale dell’arma, che mostrato vivo apprezzamento per la significativa partecipazione ebraica alla cerimonia (oltre a Gattegna, tra gli ospiti figuravano anche il rabbino capo Riccardo Di Segni, chiamato a recitare il salmo 130 in ricordo dei caduti; la presidente della Comunità romana Ruth Dureghello, il vicepresidente Ruben Della Rocca, l’ex presidente Riccardo Pacifici). Dalla piantumazione di un olivo per i carabinieri deportati all’apposizione di alcune pietre d’inciampo lungo via Carlo Alberto Della Chiesa: le molte iniziative realizzate insieme in questi anni costituiscono, per Del Sette, “un importante impegno anche per il futuro”.
Ad intervenire anche il sindaco di Roma Ignazio Marino, personalmente segnato da quei giorni e dai crimini che furono commessi (il padre fu deportato nel campo Stalag 327 nella Polonia sud-orientale). Cosa spinse i carabinieri a non tradire i valori in cui credevano? La risposta del primo cittadino a questo interrogativo nelle parole del generale Della Chiesa, che i nazisti inserirono nella lista nera per il rifiuto espresso alla collaborazione nella caccia ai partigiani. “Certe cose non si fanno per coraggio, ma per poter guardare serenamente negli occhi i propri figli”.
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(7 ottobre 2015)