Lo scrittore israeliano Eshkol Nevo a Expo In cerca di un’appartenenza
Persone che desiderano appartenere ma ciascuno con un problema di appartenenza. Uomini e donne “Soli e perduti”, che si incontrano in un non luogo, la città dei Giusti che rappresenta una realtà profondamente israeliana ma al contempo magica e fuori dallo spazio. Ritroviamo l’anima russa del Paese, le storie di chi riabbraccia la religione ebraica per ottenere risposte ma deve confrontarsi con il passato, le ironie e le contraddizioni di individui legati ad Israele ma al contempo con passioni e sentimenti comuni a tutti gli uomini. Il tutto condito da una buona dose di ironia che ruota attorno al racconto di un magico mikve, il bagno che, nell’ebraismo, è destinato alle cerimonie di purificazione. “Doveva essere un libro satirico ma nel corso di sette anni il mio progetto è cambiato o sono cambiato io, ed è diventato un racconto non solo ironico ma anche d’amore e di erotismo”, spiega Eshkol Nevo, raccontando al pubblico di Expo, riunito nelle sale del Padiglione Israele, la genesi del suo Soli e perduti, pubblicato in Italia da Neri Pozza. Dialogando con Raffaella Scardi, che assieme a Ofra Bannet ha curato la traduzione del suo libro in italiano, Nevo racconta da dove ha preso ispirazione per il romanzo, il perché di alcune scelte narrative e della sua ultima opera pubblicata in Israele.
“Dopo diverse richieste di mio padre di andarlo a trovare a Tzfat, in Galilea, ho deciso di recarmi finalmente da lui. E ho scoperto che il suo quartiere è composto al 99 per cento da russi (mio padre costituisce il restante un per cento), quasi tutti attorno ai settant’anni, sembra quasi che qualcuno abbia tagliato dall’Ex Unione Sovietica un microcosmo generazionale per ricopiarlo in Israele. Ho cominciato un po’ a documentarmi su questa realtà e ad andare sempre più spesso da mio padre. Passeggiando per la città, – racconta lo scrittore israeliano – un giorno ho notato che in centro, in uno spazio pubblico, si annunciava l’inizio di alcuni lavori di costruzione ma non vi era scritto per cosa. E così ho iniziato a immaginare cosa potessero realizzare: una libreria, una sala per gli scacchi, un conservatorio”. Dei centri insomma adatti all’età delle persone che popolavano il quartiere. “Dopo nove mesi sono tornato sul posto e per caso mi sono imbattuto in quella costruzione. Quando ho letto di cosa si trattava, ho cominciato a ridere da solo: un mikveh, il bagno rituale ebraico dove tra le altre cose le donne si recano per purificarsi prima di avere rapporti con i propri mariti. Non lo immaginavo proprio vista l’età del quartiere e contando la predominanza dei russi, che in Israele non sono proprio noti per essere ebrei ortodossi”. Da lì l’idea di costruire attorno a questa curiosa decisione una storia diventata poi il romanzo Soli e perduti, ambientata nel fantomatico quartiere Siberia nell’altrettanto inventata Città dei giusti. “Ho deciso di non indicare un luogo preciso in Israele perché poi le persone sarebbero venute a dirmi ‘guarda che quel posto non è proprio così’ e poi facilitava la nota magica del libro”. A proposito di note, i libri di Nevo sono spesso accompagnati dalla musica e questa volta è il klezmer a fare da sfondo all’opera con la comparsa nella storia di un clarinetto e di una relazione d’amore ad accompagnarne le melodie.
Di Soli e perduti, lo scrittore afferma di essere soddisfatto, “sono contento che sia venuto così anche se non l’avevo pensato inizialmente in questo modo. Mi sono cimentato in una realtà che non conoscevo a fondo, in particolare quella russa e quella di chi sceglie di ritornare alla religione. Con la prima in realtà ho familiarità visto che ho parenti russi ma è stato bello riscoprirla”.
d.r.
(12 ottobre 2015)