Periscopio – La menzogna

lucreziCome sempre, in ogni momento di crisi – cioè quasi sempre -, ai drammatici fatti del medio Oriente si aggiunge l’ulteriore e distinto sopruso della sistematica, capillare, scientifica distorsione dei fatti da parte dei mass media, per i quali qualsiasi violenza, qualsiasi accoltellamento, qualsiasi bomba da parte palestinese deve sempre essere attentamente inquadrato, spiegato e interpretato nelle sue possibili giustificazioni, remote o remotissime che siano (le immaginarie limitazioni all’accesso ai luoghi santi, la frustrazione dello stallo delle trattative di pace, le colonie ecc. ecc.), mentre qualsiasi gesto di difesa compiuto dalle forze dell’ordine e dall’esercito d’Israele viene sempre descritto come un atto deliberatamente sanguinoso e offensivo, capace solo di ulteriormente aumentare le già immense responsabilità del regime sionista. Gli esempi sono innumerevoli, e non è il caso di ricordarli in questa sede: già lo hanno fatto, con dovizia di particolari, diversi commentatori, come Daniel Reichel (che, su queste stesse colonne, lo scorso 12 ottobre, ha parlato di “informazione malata”), Fiamma Nirenstein (che, su Il Giornale, sempre del 12 ottobre, ha titolato “Israele ha torto anche quando ha ragione”), Emanule Baroz (che ha denunciato “la disinformazione dei mass media italiani al servizio dei terroristi palestinesi”) e altri ancora. “Un ebreo ha attaccato con la sua gola un innocente terrorista palestinese”, si legge in un’amara didascalia (parafrasi di una famosa battuta di Woody Allen) apparsa sul sito Progettodreyfus.Ma è una cosa a cui siamo abituati. E, come ho avuto modo di notare altre volte (ripetersi è noioso, ma inevitabile), si tratta di un fenomeno perverso che non solo inquina e disonora l’informazione internazionale, ma incide direttamente sulla stessa dinamica del conflitto, che da esso riceve quotidianamente sempre nuovo propellente, sempre nuovo incoraggiamento per le forze più estremiste e radicali, che nei giornali di tutto il mondo sembrano contare innumerevoli sponsor, simpatizzanti, complici.
Se non si percepisce questa realtà, è davvero difficile cogliere le dinamiche del conflitto. Basterebbe un solo esempio, quanto mai eloquente. Un episodio, a mio avviso, di inaudita gravità, ma passato quasi completamente, e quasi subito, sotto silenzio, di cui lo scorso 11 ottobre è caduto il quindicesimo anniversario: il caso Cristiano. Rammentiamo, per chi non ricordasse, i fatti, che sono stati richiamati sul sito Ur.B. dello scorso 11 ottobre: due soldati israeliani, smarritisi nei Territori palestinesi, a Ramallah vengono rapiti da una folla inferocita, che li sottopone a un orrendo linciaggio pubblico, ripreso dalle telecamere, che mostrano il massacro dei giovani, gli assassini che esibiscono festanti le loro mani sporche di sangue, l’euforia e il giubilo della folla. Una scena raccapricciante, che mi piacerebbe fosse vista e rivista, ogni giorno, dagli innumerevoli fan della resistenza palestinese. Le immagini, riprese dalle reti Mediaset, fanno il giro del mondo, ma un giornalista della RAI, Riccardo Cristiano, si premura di scrivere una lettera, indirizzata ai “Cari amici di Palestina”, pubblicata su un quotidiano palestinese del 16 ottobre, assicurandoli che lui e la RAI non c’entrano, loro non hanno ripreso le immagini, non lo avrebbero mai fatto e mai lo faranno, perché “questo non è il nostro modo d’agire (ossia nel senso che non lavoriamo come le altre reti televisive). Non facciamo e non faremo cose del genere. Noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina e siamo attendibili per il nostro lavoro accurato”. Testuale.
Nessun provvedimento disciplinare fu preso nei confronti del giornalista (tuttora in servizio alla Rai), nessun dirigente fu rimosso o censurato, la Rai non mostrò che un minimo, fugace sussulto di imbarazzo, tutto rientrò subito nella tranquilla normalità. Quanto a prese di distanza da parte delle autorità palestinesi, fa ridere solo il parlarne.
Questa è la natura del conflitto. Immaginarlo come una semplice partita Israele-Palestina sarà forse semplice e comodo, ma lontano anni luce dalla realtà. Perché la realtà è fatta di tante cose, molte delle quali assai lontane geograficamente dal Medio Oriente, a cominciare dalla dilagante disonestà intellettuale di un’informazione indegna di questo nome.

Francesco Lucrezi, storico

(14 ottobre 2015)