1947-1962. Raid fascisti a Roma,
una storia da (ri)scrivere
C’è un lasso temporale relativamente ampio, costellato di episodi violenti, di provocazioni infami, di dolore inflitto sulla carne ferita, che non può essere lasciato da parte, ma recuperato nel suo insieme e raccontato con dovizia di particolari. Questa la convinzione che ha animato Alberto Di Consiglio, commerciante con la passione per la storia, nel farsi promotore di un lavoro di ricerca che vuole salvare dall’oblio alcune pagine recenti di vita ebraica romana, e in particolare i 15 anni (1947-1962) in cui il Portico d’Ottavia fu spesso ostaggio di scorribande della peggior teppaglia fascista, che faceva riecheggiare in quei luoghi i biechi slogan della propaganda antisemita costituendo al tempo stesso una minaccia fisica per i residenti.
Un impegno concluso a ridosso di una data simbolica per la coscienza collettiva: l’anniversario della razzia del 16 ottobre ’43, l’infame atto che fu il preludio alla deportazione di oltre un migliaio di persone nei campi di sterminio nazisti. La sfida di questa ricerca, sostenuta da Progetto Memoria, realtà da poco ricostituitasi come associazione autonoma sotto l’egida del Cdec di Milano e del dipartimento culturale della Comunità romana, è quella di aprire una nuova stagione di consapevolezza. Anche fuori dal mondo ebraico, in quella società italiana che sembra oggi all’oscuro di ciò che accadde allora e delle molte tensioni che la Comunità si trovò a fronteggiare.
“Sembra incredibile che gli ebrei romani abbiano nuovamente affrontato a viso aperto chi, pochi mesi prima, aveva sostenuto o addirittura contribuito alla loro deportazione nei campi. Non era più antisemitismo di Stato, naturalmente, ma la viva minaccia di quel periodo è un fatto da restituire alla storiografia. Il mio auspicio – spiega Di Consiglio – è che questo sasso lanciato nello stagno serve a stimolare un approfondimento articolato ed esaustivo”.
Ritagli di giornale, affissioni, vignette, vecchie fotografie: Di Consiglio è andato a scavare negli archivi e nel proprio vissuto familiare. Il padre Pacifico, il mitico “Moretto” (immagine in alto a destra), fu infatti uno dei grandi protagonisti di quell’epoca. È a lui ad esempio che si deve la costituzione di un gruppo di volontari dedicati alla messa in sicurezza del quartiere 24 ore su 24. Il Moretto quella teppaglia la conosceva bene. Come si racconta nel volume Il ribelle del ghetto, scritto a quattro mani da Alberto e dal giornalista Maurizio Molinari, che ripercorre le sue incredibili imprese nella Capitale a cavallo tra la promulgazione delle Leggi Razziste, l’otto settembre, le violenze antiebraiche del terribile biennio ’43-44.
“Mio padre ha sempre reagito, mettendo a rischio la propria vita in molteplici occasioni e trasformandosi in un incubo per gli aguzzini che avevano la sfortuna di incontrare i suoi pugni” ricorda con orgoglio Alberto. Normale che proprio Di Consiglio diventasse la figura carismatica attorno cui raccogliersi per reagire di fronte alle nuove minacce. Squadre di volontari, delle diverse estrazioni sociali, insieme per un fine comune. Un gruppo coeso che non si sarebbe fatto schiacciare, organizzandosi scientificamente e rispondendo punto per punto alle provocazioni, come ricorda l’efficace vignetta pubblicata dalla stampa locale in cui si raffigura una pecorella ebrea intenta ad azzannare una belva col fez. Tra quei volontari anche Enrico Modigliani, ex parlamentare e fondatore del Progetto Memoria. “All’epoca – ricorda – vigeva una netta contrapposizione tra ebrei borghesi ed ebrei ‘di piazza’. L’idea di stare assieme si rivelò lungimirante, sia nel suo scopo primario che per abbattere alcune barriere al nostro interno”. Anche per questo, dice Modigliani, è fondamentale che la ricerca prosegua.
Una convizione condivisa da Sandra Terracina, segretaria di Progetto Memoria. “È un argomento sul quale esistono poche memorie scritte e su cui molto può essere tirato fuori. Anche perché – spiega – ciascuno di noi è coinvolto in questa storia”.
Per una conferma basta consultare il significativo archivio del sito www.memoriebraiche.it.
Tra i molti intervistati è infatti ricorrente il riferimento a quegli accadimenti e a una memoria da riscoprire in tutte le sue sfumature.
Adam Smulevich, Italia Ebraica ottobre 2015
(15 ottobre 2015)