…cittadinanza
Con la nuova legge sulla cittadinanza, adottando una versione temperata dello ius soli “acquista la cittadinanza per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo”. Inoltre si riconosce il diritto dello ius culturae dove si ratifica che “può ottenere la cittadinanza il minore straniero, che sia nato in Italia o sia entrato nel nostro Paese entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale”.
Si tratta di una decisione importante, la cui filosofia di fondo rispecchia i grandi principi del diritto di cittadinanza che hanno permesso agli ebrei europei nel corso del XIX secolo di intraprendere il lungo e tormentato cammino dell’emancipazione civile. Gli ebrei italiani godono dei diritti di cittadinanza proprio in base a questi due principi giuridici, e neppure la legislazione fascista sulla razza del 1938 aveva avuto la forza di smontare questa dinamica. Allora gli ebrei venivano limitati nei loro diritti, ma non veniva tolta loro la cittadinanza (a parte purtroppo quelli residenti in Italia da dopo il 1919). Solo la Repubblica sociale toglieva definitivamente la cittadinanza agli ebrei, sulla base del principio dello ius sanguinis: con il manifesto programmatico del 14 novembre 1943 si dichiarava: “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri”. E immediatamente dopo si dichiarava loro guerra: “Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”.
L’adozione del principio dello ius soli e dello ius culturae è uno dei fondamenti della convivenza civile ed ha avuto importanti ricadute sul riconoscimento del contributo delle comunità ebraiche e dei singoli cittadini ebrei alla storia del Paese. Nel caso dell’emancipazione ebraica ottocentesca – che in questo contesto potrebbe aiutare a comprendere la portata della legge appena approvata in Parlamento – si era aperta la strada all’integrazione di una minoranza che per millenni aveva popolato le città e i villaggi italiani costretta a subire legislazioni speciali e vivendo essa stessa come corpo estraneo in una società che però era tale anche grazie alla presenza degli ebrei. Le società che non vedono l’ “altro” dal punto di vista giuridico, o meglio, che considerano sempre l’“altro” come “estraneo”, alla fine fanno fatica a far aderire la propria legislazione (cioè le norme che regolamentano la convivenza civile) con l’effettiva realtà della vita sociale. Il risultato, alla lunga, rischia di essere la spaccatura della società stessa, con scontri insanabili e violenze.
Gadi Luzzatto Voghera
(16 ottobre 2015)